A Fernando Alonso, per conquistare dei punti iridati, non è bastato neppure disputare un Gran Premio come quello degli Stati Uniti. Nonostante si sia infatti reso protagonista di una gara da highlander, rimontando dall’ultima posizione in cui era piombato a seguito dell’incidente con Lance Stroll, il #14 dopo il GP è stato retrocesso fino alla 15^ posizione a seguito di una pesante penalità comminatagli dalla FIA.
A far finire sotto la lente di ingrandimento della Federazione l’asturiano è stata la Haas, che a fine gara ha contestato alla Direzione Gara il fatto che alla Alpine A521 dello spagnolo non sia stata esposta la bandiera nera e arancione per via dello specchietto retrovisore destro, danneggiatosi nell’impatto con la Aston Martin #18 e rimasto – a detta del team di Steiner – pericolosamente lasco per tutto il resto del GP. Il team francese, sostiene la Haas, avrebbe dovuto rimuovere il pezzo penzolante dalla vettura di Alonso in una sosta ai box. Ben prima, dunque, che lo specchietto si staccasse in autonomia lungo il rettilineo e mentre l’asturiano era impegnato nella furiosa rimonta che lo avrebbe portato fino alla 7^ posizione.
“È stato pericoloso” – ha detto Jo Bauer, delegato tecnico della FIA, dando così voce anche all’opinione di Nikolas Tombazis – “Staccandosi avrebbe potuto colpire un altro pilota e ferirlo”. I commissari sportivi, all’interno della sentenza, si sono detti “profondamente preoccupati per il fatto che alla vettura 14 non sia stata esposta la bandiera nera e arancione, o che non sia stata effettuata almeno una comunicazione radio per correggere la situazione, nonostante le due chiamate al Race Control da parte del team Haas”. La squadra a stelle e strisce si era infatti messa in contatto con il Race Control in due distinte occasioni, sentendosi rispondere che la situazione era monitorata ma che non fosse per il momento necessario prendere dei provvedimenti.
Questi ultimi tuttavia, purtroppo per Fernando Alonso e per la Alpine, sono arrivati una volta sventolata la bandiera a scacchi. La Federazione ha infatti punito il #14 con uno Stop & Go di 10” che, comminato a gara conclusa, si è automaticamente tradotto in una penalità di 30” che ha fatto crollare lo spagnolo dalla 7^ fino alla 15^ posizione finale. A nulla sono servite finora le giustificazioni di una Alpine che ha comunque già annunciato di voler fare appello: i precedenti citati dalla squadra francese – riguardanti situazioni analoghe viste durante il GP del Giappone 2019 – non sono stati considerati rilevanti dalla FIA, rimasta ferma sulle proprie posizioni. In virtù di quanto capitato ad Alonso, dunque, Sebastian Vettel, Kevin Magnussen e Yuki Tsunoda guadagnano una posizione mentre Esteban Ocon, surclassato dall’asturiano nella domenica di Austin, guadagna un punticino iridato artigliando la 10^ piazza.
Chi è invece riuscito a sfuggire a un simile destino è stato Sergio Perez, al quale la Haas ha contestato la medesima infrazione commessa dallo spagnolo. La scuderia statunitense aveva in questo caso puntato il dito verso l’ala anteriore della RB18 del messicano, danneggiata nell’endplate destro prima che quest’ultimo (esattamente come accaduto con lo specchietto di Alonso) si staccasse autonomamente nel corso della gara. A salvare il #11 dai 30” di penalità con cui è stato punito lo spagnolo è stato – spiega la FIA – il suo team: Red Bull Racing ha infatti inviato a Jo Bauer una foto del danno a gara in corso, in modo tale da valutare per tempo se fosse necessario rientrare ai box o meno per riparare il danno. Una volta ricevuto il via libera dal Delegato Tecnico FIA, al messicano è stato detto di continuare a spingere nel tentativo – fallito – di agguantare la Ferrari di Charles Leclerc e in quello – riuscito – di far innervosire posta gara gli uomini del team Haas. “La decisione su Perez? È una stronzata“, ha infatti diplomaticamente detto Kevin Magnussen prima di lasciare il CoTA di Austin.