Il GP di Jeddah si correrà. Dopo una riunione durata più di 4 ore che ha coinvolto i piloti e, a fasi alterne, i team principal e i dirigenti della F1 e della FIA, la Formula 1 ha deciso di rimanere in Arabia Saudita nonostante l’attacco missilistico avvenuto nelle vicinanze del circuito e la guerra in corso con lo Yemen. Neanche uno scenario di guerra a soli 20 km dal tracciato è riuscito a far cambiare idea ad una Formula 1 sempre più accecata dagli interessi economici, anche se questo vuol dire mettere in pericolo la vita di chi ci lavora.
Oltre quattro ore di riunione non sono bastate per far prevalere il buonsenso rispetto agli interessi economici. Un incontro iniziato alla fine della seconda sessione di prove libere ed articolato in più fasi durante le quali è emersa una forte opposizione di alcuni piloti allo svolgimento della gara. Ma andiamo per ordine e ripercorriamo cos’è accaduto nella assurda serata di ieri. Subito dopo le prove libere i team principal e i piloti sono stati convocati in una riunione condotta dagli esponenti della FIA e delle autorità locali per “fornire garanzie” di sicurezza e dare una spiegazione di quanto accaduto. Garanzie ovviamente poco credibili dal momento che i sistemi di difesa non erano stati in grado di fermare un missile lanciato contro uno stabilimento Aramco a soli 20 km dal circuito.
La riunione è poi proseguita con solo i piloti mentre i capi delle squadre dichiaravano ai giornalisti che si sarebbe corso e che la decisione, da parte loro, era stata unanime. In questa seconda fase, durata più di un’ora, sembrava emergere la forte volontà di non correre da parte dei piloti, con Hamilton e Alonso a tenere le redini della conversazione. Successivamente la riunione ha visto la partecipazione, per una ventina di minuti, di Stefano Domenicali e Ross Brawn, i quali hanno abbandonato la sede dell’incontro senza far trapelare indiscrezioni. In una terza fase i team principal sono tornati a parlare con i piloti per oltre 40 minuti, lasciando a loro volta la riunione senza rilasciare ulteriori dichiarazioni.
L’incontro ha poi visto rientrare il solo Seidl, probabilmente in quanto portavoce delle squadre, ed è terminato alle 00:25 CET, dopo ben 5 ore. Al termine del confronto Russell e Seidl si sono recati dalla FIA per comunicare le loro posizioni mentre tutti gli altri esponenti delle squadre abbandonavano il tracciato. In tutto ciò le pressioni dell’Arabia Saudita potrebbero aver giocato un ruolo predominante, influenzando fortemente questa decisione perché, secondo quanto riportato da BBC Sport, tra gli argomenti usati per “convincere” i piloti a correre ci sarebbero state le difficoltà a lasciare il Paese in caso di annullamento della corsa.
Non convincono neanche le parole di Mohammed Ben Sulayem, presidente della FIA, che ha dichiarato: “Stanno prendendo di mira le infrastrutture, non i civili e, naturalmente, non il tracciato. Abbiamo controllato i fatti e abbiamo avuto rassicurazioni dai massimi livelli che questo è un posto sicuro. Andiamo a correre.“