Le parole di un presidente FIA non sono mai da prendere alla leggera, specialmente quando si parla di un neo-eletto, che, come è tipico, sfrutta le prime settimane del proprio mandato per indicare la direzione che intenderà intraprendere nel proprio quadriennio. Le recenti considerazioni di Mohammed Ben Sulayem, sebbene non imprevedibili, hanno tuttavia calcato il segno sul principale problema del Mondiale Rally contemporaneo: l’endemica mancanza di Costruttori.
Se diciamo “non imprevedibili”, è perché l’ex pilota di Dubai ha semplicemente espresso con parole diverse un concetto che sostiene ormai da diversi decenni: le Rally Car, a tutti i livelli, devono costare poco. La sua è un’opinione autorevole, di un personaggio che a lungo è stato l’unico riferimento del rallismo nella propria regione del Mondo, anche se, curiosamente, i 14 titoli ottenuti nel Campionato Mediorientale di Rally non sono più un record (comanda Nasser Al-Attiyah, vincitore dell’ultima edizione della Dakar, con 17 affermazioni).
L’ultimo intervento sul tema è parte di un intervista rilasciata al sito Dirtfish, nella quale ha ulteriormente espresso l’intenzione di attuare modifiche radicali durante il suo mandato:
Dobbiamo ripartire da un foglio bianco. Non basta mettere una pezza qua e là, dobbiamo guardare l’intera situazione dall’alto.
Dobbiamo trovare un modo di interessare i costruttori. Ho chiesto ad alcuni costruttori: “Cosa ne pensi dei soldi necessari per fare il campionato?” Mi hanno risposto che sono tanti. Alla domanda “Pensi che valga la pena di spendere questi soldi?” hanno risposto “No”.
Dovremmo ascoltarli di più. Non sto accusando la FIA, sto dicendo che [il Mondiale] è frutto di un accordo tra la FIA, i Promoter i Costruttori, e gli organizzatori delle gare, che spesso rappresentano delle Nazioni, e che è necessario coinvolgere tutti.
In conclusione, il Presidente ha sottolineato come il suo progetto sia necessariamente improntato sul lungo termine e che gli effetti non si vedranno certamente nei prossimi uno o due anni. Questo è ancor più vero, considerando il pessimo tempismo con cui Ben Sulayem è approdato ai vertici del Motorsport mondiale.
Tanto in F1 quanto nel WRC, il 2022 sarà infatti un anno di rivoluzione regolamentare: l’atteso passaggio alle Rally 1 e l’introduzione di un elemento ibrido, secondo le direttive stabilite durante l’amministrazione Todt, impedirà modifiche regolamentari di grosso calibro fino al termine della stagione 2024.
Forse è anche per questo motivo che, nonostante le frequenti dichiarazioni sul tema, le vere intenzioni del nuovo capo rimangono molto vaghe: in interviste precedenti, aveva menzionato la possibilità di trasformare le Rally 3 nelle vetture regine. Si era poi parlato di Rally 2, mentre, proprio nell’intervista da cui sono tratte le dichiarazioni sopra riportate, menzionava l’importanza di mantenere basso l’impatto ambientale (che, almeno in tempi recenti, nel dizionario FIA equivale a dire “auto ibrida”).
La sensazione è che Ben Sulayem, un vecchio volpone abituato alle dinamiche di potere presenti ai massimi livelli del Motorsport, stia sfruttando questi primi mesi per sondare il terreno, lanciando esche in tutte le direzioni e cercando di capire quale può essere la più ghiotta.
Nella speranza che la sua idea sia quella giusta per schiodare il Mondiale dal pericoloso limbo in cui si trova al momento, con due costruttori e mezzo all’attivo ed il tangibile rischio di fare la fine delle LMP-1 degli ultimi anni qualora Hyundai o Toyota decidessero di staccare la spina.