Una mansueta familiare ma con un DNA simile a quello di una creatura uscita dall’universo di Mad Max: forse è questo quel che rappresenta al meglio l’Audi RS2. Primi anni ’90, la Germania è tornata ad essere un’unica nazione. Unificata, est e ovest di nuovo insieme. E allora perché non far convivere insieme, sotto la stessa bandiera, oltre che due territori anche due case dal fascino unico sotto un comune denominatore? Audi + Porsche = RS2. Una somma semplice ma incredibilmente spettacolare.
Sì, i più attenti sanno benissimo che parlando di RS2 – RS sta per Renn Sport -, ci troviamo negli anni ’90, nonostante il progetto B4 dell’Audi 80 da cui scaturisce sia un aggiornamento del modello B3 che fece il suo esordio a metà degli anni ’80. Ora, tornando a noi, siamo più precisamente nel 1993. La Casa dei 4 anelli ha vissuto già un periodo d’oro a livello sportivo – l’Audi Quattro dominò e stravolse il mondo dei Rally all’inizio degli anni ’80 – e serve qualcosa che riesca a valorizzare nuovamente quel carattere da sportiva della casa teutonica. Ci si prova in casa – con la S2 – ma a Ingolstadt non sono ancora soddisfatti appieno. C’è malessere, ancora non basta, siamo lontani dagli “antichi” fasti che la Casa degli Anelli vuole di nuovo raggiungere: serve qualcosa che marchi in maniera netta e decisa il carattere sportivo di Audi. Così, per ovviare a questo patema d’animo presente a Ingolstadt, sul finire del ’93 si provvede ad una collaborazione esterna con una casa che non vive un periodo felice: la Porsche. A differenza di qualche anno prima, la situazione è “peggiorata”. La linea di produzione delle vetture con motore all’anteriore si è definitivamente arenata, complice il venir meno degli effetti rivoluzionari e sperimentali del decennio precedente. Vetture come la 928 e la 944 si rivelano a lungo andare degli insuccessi commerciali, nella parte finale della loro gloriosa carriera. L’unica a rimane sul mercato con dei buoni risultati è la 911. Dato che a Zuffenhausen c’è una buona disponibilità di attrezzature e riempire la linea di produzione significherebbe sopravvivere per le casse societarie, quella della commessa esterna – come fu con Mercedes per la 500 E – è la strada che i vertici di Stoccarda decidono di intraprendere. Si dà avvio così ad una collaborazione, differente però rispetto a quella con Mercedes. Infatti con Audi Porsche funge da vero e proprio preparatore rendendo la S2 da mansueta a carattere sportivo a una vera e propria bomba su strada.
Carta bianca o quasi. Il tocco si sente e si vede sotto ogni profilo. Partiamo dall’estetica, i paraurti richiamano direttamente la 911 come gli specchietti ed i cerchi da 17″ su disegno “Cup”. La scritta Porsche campeggia nelle targhette identificative, appena sotto i simboli dell’Audi e della Renn Sport, sia all’anteriore che al posteriore. La strumentazione è Porsche – con fondo scala bianco – i sedili anteriori invece sono della Recaro. Ma il vero capolavoro si ottiene sotto il profilo meccanico: il 2.2 audi 5 cilindri celeberrimo, viene ottimizzato attraverso una serie di accorgimenti dagli ingegneri Porsche, puntando alla massima efficienza. Alla base di tutto c’è una sovralimentazione più efficace con turbina maggiorata e pressione del turbo che passa da 1.1 a 1.4 Bar. Non solo. Porsche decide di rivoluzionare l’intero sistema con intercooler, scarichi, collettori, alberi a camme e iniettori nuovi. La centralina viene migliorata e tarata in funzione delle alte prestazioni. Anche il filtro dell’aria ed il regolatore di pressione del carburante – lo stesso montato sulla 911 – vengono rivisti.
Tutto qui? No, assolutamente no. I tecnici modificano altre componenti, tra le quali figura anche l‘assetto, ora tarato e adattato perfettamente alle prestazioni che l’auto è in grado di offrire. Vengono montati nuovi ammortizzatori con molle più corte e rigide. I freni derivavano da quelli montati da Brembo su Porsche – per l’esattezza la 968 ClubSport – con pinze a 4 pistoncini e dischi autoventilanti da 304 mm all’anteriore e 299 mm al posteriore. E’ possibile richiedere – come optional – anche un impianto maggiorato, identico a quello adottato dalla 991 Turbo. Tutta questa potenza ha bisogno di un ultimo accorgimento fondamentale: la trazione. Combinata ad un cambio manuale a 6 marce – quasi del tutto simile a quello della 968 – i tecnici adottano una trazione integrale permanente con differenziale centrale Torsen, in grado di ripartire la coppia al 75% all’anteriore e al 25% al posteriore, fino a un 50 e 50 a seconda delle condizioni del manto stradale durante la guida. E’ presente addirittura un blocco del differenziale di natura Elettro-meccanica attivabile fino a 25 km/h.
Per ottenere questi risultati – come fu per la 500E – anche qui le auto facevano la spola tra gli stabilimenti Audi e quelli Porsche, dove veniva dato il tocco finale alla linea di produzione. Il prodotto finale? Un’auto capace di bruciare lo 0-100 in circa 5 secondi ed una velocità massima limitata a 261 km/h. In ordine di prestazioni quest’auto aveva una caratteristica spaventosa ma allo stesso tempo emozionante per ogni appassionato di motori: il turbo lag. Descriverlo? E’ impossibile se non lo avete mai provato. La produzione che avviene a cavallo tra il 1994 ed il 1995 dà alla luce 2891 esemplari – al contrario di quanto preventivato all’inizio in 2.200 anche per ricordare il glorioso motore 2.2 litri 5 cilindri che con questo modello andrà poi in pensione. Dulcis in fundo, a mio avviso la RS2 appartiene a quella categoria di quelle auto dotate di poca elettronica, tanti cavalli e tecnica sopraffina nella costruzione – sviluppate in collaborazione con marchi e reparti corse – che han dato il “La”, alle moderne vetture supersportive dall’indole mansueta, adatta alla guida di tutti i giorni. Una sleepers, una dormiente. Elegante, sobria ad un primo sguardo, perfetta per la famiglia ma che all’occorrenza diventa un mostro su 4 ruote. Una delle tante auto che con la sua filosofia, ancora oggi potrebbe affollare i listini di moltissime Case automobilistiche.