Dopo sette anni in Ducati Aruba.it nel Campionato Mondiale Superbike, Chaz Davies passa al team GoEleven, portando in pista un’inedita Panigale V4 dalla livrea azzurra. Alla vigilia della stagione 2021, ci ha raccontato i suoi propositi sulle gare che lo aspettano, ma anche qualche retroscena sui campionati motociclistici, sulla tecnica di guida e sul cosa significa essere un motociclista ad alti livelli.
FUORI TRAIETTORIA: Ciao Chaz! Vorrei iniziare parlando della tua carriera: ci puoi parlare dei tuoi inizi? Sei uno dei pochi inglesi che non ha mai corso nel BSB, ma sei passato dall’America per l’AMA…
CHAZ DAVIES: Ciao! Beh, il mio ingresso nel motorsport era abbastanza scontato visto che i miei genitori avevano un circuito di kart, quindi io ero sempre lì a guidare kart e moto: è tutto iniziato come un hobby. Piano piano, le cose si sono fatte più serie e la situazione diventava sempre più competitiva: campionato inglese, campionato spagnolo, poi quello mondiale… In realtà ho corso nel BSB, ma, a differenza di molti colleghi britannici che sono passati attraverso la Supersport e la Superbike, ero davvero giovane e ho militato solo in 125. Poi ho seguito un percorso diverso, sono entrato nel Motomondiale, sia in 125 che in 250, ma non ho avuto più opportunità e ho provato una gara singola in America. Correre in AMA non è stato tanto una scelta, quanto una situazione dovuta ad una serie di circostanze che non mi hanno permesso di trovare il mio posto nel BSB o in MotoGP. Col senno di poi, però, posso dire che è stata un’ottima esperienza di vita, oltre che sportiva.
FT: Qual è stato il miglior momento della tua carriera finora?
CD: Domanda difficilissima… Pensando alla mia carriera fino a questo momento è difficile trovare un solo momento, ci sono state cose che mai avrei pensato di poter raggiungere. Penso che più che un momento specifico, è il modo in cui io sia stato capace di arrivare in Superbike ed essere uno dei piloti di punta. Devi essere anche un po’ fortunato e trovarti al momento giusto con l’opportunità giusta, ma poi sta a te saperla sfruttare al meglio. Le piccole opportunità prima delle grandi sono davvero importanti e spesso riservano belle sorprese: ad esempio, la possibilità che ho avuto in Pramac quando credevo di essere fuori dal radar delle competizioni europee. Non furono grandi gare, ma mi diedero la possibilità di farmi, di fatto, iniziare la mia carriera nel WorldSBK.
FT: Tutti i piloti hanno alti e bassi nella loro carriera, ma c’è mai stato un momento in cui hai pensato di ritirarti o di cambiare sport?
CD: Sì, è vero, ci sono molti alti e bassi in tutti gli sport, non solo nel motociclismo. Quando ero molto giovane, mi dissero che avrei vissuto molti più bassi che alti… e devo dire che avevano ragione. Ho pensato mai di ritirarmi? Beh, a fine anno scorso mi è sembrata una valida opzione, per la prima volta l’ho davvero presa in considerazione. Cambiare sport? Durante il periodo trascorso nell’AMA, lavoravo con i miei genitori nel loro circuito di kart e non vedevo davanti a me molte prospettive a livello motociclistico, ma avevo iniziato a uscire in bici davvero tanto. Nello stesso periodo ero davvero arrabbiato con il mondo del motociclismo: avevo visto che c’era un’enorme diseguaglianza fra le factory e gli altri, non solo a livello di moto, ma anche di motore, gomme e tutto. Quando pedalavo, invece, le mie gambe erano il mio motore, quindi non avevo scuse; ho davvero considerato l’idea di provare con il ciclismo a livello professionale, non so se fisicamente ce l’avrei fatta, visto che è uno sport tostissimo, ma ci ho pensato seriamente.
FT: Parlando invece della nuova stagione… Dopo sette anni con Ducati Aruba, com’è stato ricominciare con un nuovo team, piccolo, ma super appassionato come GoEleven?
CD: Quando apprendi che sei fuori dal team factory, soprattutto nella maniera in cui è avvenuto, la prima sensazione che hai è… simile ad una grande esplosione, non è una bella notizia. Poi ti siedi, ci rifletti su un po’ ed alla fine mi sono reso conto che unendomi ad una squadra piccola e appassionata, con l’assistenza tecnica ufficiale, di fatto ho le stesse possibilità di fare buoni risultati dei “vicini di casa”. Fin quando Ducati manterrà la parola di fornirmi il miglior materiale e supporto possibili, allora penso che abbiamo davvero le stesse opportunità. Per me è supermotivante essere circondato da persone che sono prima di tutto appassionate, nonostante siano un piccolo gruppo, e so che correremo per amore verso questo sport. Se finiamo primi o sesti alla domenica, l’importante è sapere che ognuno ha fatto del suo meglio. Nel team factory è diverso, c’è una pressione diversa, se finisci sesto alla domenica, ci sono domande da porsi.
Il mio obiettivo è di finire sul podio in tutte le gare; in questo ambiente c’è meno pressione che nel team ufficiale, cosa che permette di progredire su alcune cose ed essere un po’ più flessibile su altre. Più di tutto, la mia motivazione principale nel team GoEleven è la sensazione di essere in famiglia, so che lavorano tutti tantissimo e voglio portare loro i risultati che meritano. In realtà, in tutti i team ci si impegna tantissimo, ma quando vedi passione vera e finanze personali investiti nella squadra, c’è quel plus di motivazione come pilota.
FT: Quali sono i tuoi obiettivi per la stagione 2021?
CD: Sono una persona che in generale nella vita vive giorno per giorno senza fare piani a lungo termine e questo vale anche per le competizioni. Non guardo mai alla fine dell’anno, ma sempre e solo alla gara successiva. Non so se sia positivo o meno, ma cerco comunque di non appesantirmi troppo mentalmente. L’imperativo è godermi la stagione…
FT: Una domanda doverosa: punterai al Titolo?
CD: Ovviamente chiunque direbbe “l’obiettivo è vincere gare e vincere il Titolo”, ma la verità è che se, come dicevo, ti godi la stagione tutto viene poi di conseguenza. Non mi permetto di portare la cosiddetta “boxing mentality” nel mio percorso. Ovviamente ho obiettivi personali, ma principalmente voglio mettere il mio 100% in tutto e vedremo poi dove mi porterà.
FT: Quale dei tuoi avversari ti spaventa di più per il 2021?
CD: “Spaventare” è la parola sbagliata, non sono spaventato da nessuno! Rispetto tutti i ragazzi in griglia, dal primo all’ultimo, ma ovviamente l’ostacolo più grande per chiunque è la combo Rea-Kawasaki. In passato abbiamo dimostrato che non sono un pacchetto imbattibile, non solo io, ma anche Scott (ndr Redding) ed Alvaro (ndr Bautista). Sicuramente abbiamo bisogno di continuare a lavorare per poter continuare a batterli, ma anche per far sì che i weekend positivi siano superiori a quelli negativi. Oltre a questo, non posso dire che ci sia qualcuno che mi spaventi in assoluto, la griglia è piena di talenti ed ognuno di loro potrebbe dettare le regole nel round giusto.
FT: Da un punto di vista tecnico, molti appassionati non riescono a capire la differenza di guida fra una MotoGP e una Superbike. Dato che le hai guidate entrambe, ci potresti spiegare le differenze?
CD: Innanzitutto devo dire che non ho una grande esperienza con le MotoGP: ne ho testata una nel 2017 e dieci anni prima ho corso con Ducati Pramac, con moto decisamente diverse, e non so se sia la persona adatta a rispondere a questa domanda. Ma da quello che ho capito, in MotoGP è un po’ più difficile capire dov’è il limite… anche se non so se ora sia lo stesso, visto che il cambio gomme porta enormi differenze alla guida. In ogni caso, il limite è molto più alto per ogni componente, freni, gomme… , la cosa difficile è capire bene dove sia e rimanere sempre al di sotto di esso. In Superbike le gomme sono un po’ più amichevoli, cosa che ha una grande influenza sulla moto e sul suo comportamento, ma complessivamente, dal punto di vista dell’elettronica non ci sono più grandissime differenze: le SBK sono diventate super sofisticate, così come tutte le road bike. Il pacchetto elettronico ormai è così complesso che direi che la differenza maggiore sta proprio nelle gomme e nella comprensione del limite della moto.
FT: E quale pensi sia il motivo per cui molti piloti riescono ad emergere solo in una delle due competizioni?
CD: Non so quale sia la verità, ma ho un’opinione in merito. Penso che sia difficile trovare le opportunità per passare sia da MotoGP a WorldSBK, ma soprattutto da WorldSBK a MotoGP: il giusto momento, il giusto team e tutto ciò che ne consegue. Principalmente il passaggio verso il motomondiale è particolarmente difficile perché arriva nella classe regina chi emerge in Moto2, ma anche chi inizia dalla Moto3, è difficile che si guardi alla Superbike alla ricerca di talenti, tranne nel caso di qualcuno che davvero si fa notare tantissimo. Al momento forse l’unico che potrebbe fare il passaggio è Toprak Razgatlioglu che è molto giovane e talentuoso ed è emerso in mezzo ai tantissimi giovani promettenti in Turchia. Ma tranne qualche caso sporadico, la nuova generazione cresce in Moto2 prima di fare il salto di categoria.
Anche in passato, uno dei pochi che è riuscito ad avere una buona opportunità è stato Cal Crutchlow: 3 vittorie, 19 podi, è sempre stato competitivo. Viaggio al contrario per Stefan Bradl e Nicky Hayden, che dopo anni nel motomondiale sono riusciti ad avere buone stagioni nel WorldSBK, ma non ottimi mezzi. Diciamo che oltre alla capacità di adattamento al cambiamento del pilota, dipende molto dalle opportunità che hai e come riesci a sfruttarle.
L’eccezione a tutto ciò è stato Alvaro Bautista: è arrivato sulla Panigale V4R e si è adattato in maniera rapidissima, ha fatto un inizio di stagione spaventoso, poi però è come se il mondo gli fosse crollato addosso… forse si era portato dietro troppa confidenza, non so. Ho la sensazione che, nonostante siano allo stesso livello, il WorldSBK non sia considerato alla pari della MotoGP, a volte non c’è passione e rispetto e questo influenza la mentalità che un pilota poi porta in pista: dopo aver passato quasi tutta la tua carriera nel paddock della MotoGP, arrivi e pensi “non sono bravi quanto me, vincerò” e probabilmente per Alvaro ha funzionato inizialmente, però, come abbiamo visto, poi qualcosa è cambiato. Ripeto, questa è solo la mia opinione…
FT: Parlando, invece, dell’ambiente, dell’atmosfera… cosa differenzia i due campionati?
CD: Penso che il WorldSBK sia un po’ più inclusivo, inteso come fan experience, si cerca di avvicinare anche le famiglie con gli open paddock, un’opportunità che non si ha in MotoGP, lì è un po’ più elitario… Parlando invece dei fan, in Superbike, ad esempio, abbiamo corso ad Imola e per un pilota Ducati è un’esperienza fantastica, qualcosa di davvero speciale perché il pubblico è fantastico, c’è un enorme seguito ed è bellissimo. Non è così in tutti i circuiti, mentre in MotoGP è più facile avere un pubblico così affiatato, sarebbe bello riportare qualche appassionato anche sugli spalti del WorldSBK. Ma alla fine sono due campionati ugualmente bellissimi da questo punto di vista.
FT: Un’altra domanda tecnica: possiamo descrivere le tue frenate con la precedente Panigale R V-Twin come “arte”. Cosa ti manca per poterle replicare con la Panigale V4 R?
CD: Onestamente penso che guardando all’ultimo anno con la Panigale R V-Twin, qualcosa sia cambiato nelle gomme e ciò ha portato il mio modo di frenare ad essere meno efficiente e, di conseguenza, ho dovuto cambiare l’area di frenata. La V4 è un po’ più dura, quindi funziona un po’ diversamente, ma il mio stile di frenata è sempre lo stesso, è sempre lì, solo che ho dovuto bilanciare un po’, viste anche le gomme di nuova generazione, per avere il massimo della performance.
FT: Qualche domanda lampo: miglior moto guidata in pista?
CD: Tutte quelle con cui ho vinto!
FT: Circuito preferito?
CD: Difficile rispondere, ma direi proprio Laguna Seca.
FT: C’è una vittoria o una gara che ha un significato speciale per te?
CD: Una delle gare che sicuramente ha un significato speciale per me è Laguna Seca 2017. Avevo avuto l’incidente con Johnny a Misano, dove mi ero rotto la vertebra L3 che mi aveva portato a dover fare tre settimane di riabilitazione molto intensa. Ero volato fino in America per la gara nonostante i dolori, ma dal venerdì mattina avevo iniziato a sentirmi meglio ogni giorno di più, fino a vincere Gara-2. Ha significato molto per me, dopo aver passato due settimane steso a letto e dopo un incidente veramente brutto, di quelli che ti fanno pensare tanto. Quindi per me è stato speciale, anche perché avevo portato con me la bandiera con il 69 di Nicky Hayden che, purtroppo, aveva perso la vita solo pochi mesi prima… vincere per me era davvero importante, sia per me stesso che per portare rispetto a Nicky. È stato un weekend molto emozionante.
FT: Chaz, c’è qualcosa che avresti sempre voluto dire durante un’intervista, ma non ti è stata mai chiesta?
CD: Questa è una domanda davvero interessante! Come pilota rispondi alle stesse domande tanto tanto tanto… davvero tanto! Che è normale, ma a volte ti chiedi “Perché non mi chiedono qualcosa di completamente diverso?! Non si annoiano anche loro a chiedere sempre le stesse cose?”, però è normale, soprattutto nei weekend di gara. Ecco, una cosa che al momento è un argomento importante e che lo diventerà sempre di più nei prossimi anni, secondo me è l’impatto ambientale del nostro lavoro e come essere responsabili a riguardo. È davvero difficile essere ambientalmente responsabili quando sei nel motorsport, anche se so che ci sono settori industriali molto più inquinanti. È un quesito arduo, io penso di star mitigando un po’ i miei danni perché ho un bosco nel Regno Unito, quindi alberi che un po’ assorbono ciò che produco. So che ovviamente non è abbastanza, non ho mai calcolato la mia carbon footprint, è un calcolo molto complicato, ma comunque so che il mio boschetto un pochino aiuta in ogni caso. Penso che sia un argomento molto importante e sarebbe bello anche chiedere in futuro ad altri colleghi “cosa fai per bilanciare un po’ i tuoi danni?”. È un argomento di cui davvero mi piacerebbe parlare e confrontarmi.