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Stoner: “Con Lorenzo Ducati ha sbagliato. Mondiale difficile per Dovi, mentre Vale con meno elettronica…”





Sorridente, rilassato, sereno. Così Casey Stoner varca la soglia della stanza in cui, nella sede di Nolangroup a Brembate di Sopra, assieme ad Alberto Vergani si prepara a presentare il casco realizzato per celebrare i suoi 16 anni di collaborazione ininterrotta con il marchio italiano. Una conferenza stampa ristretta, sobria, riservata a pochi: una conferenza stampa in pieno stile Stoner verrebbe da dire, considerato il carattere schivo del pilota australiano che con un sorriso timido accompagna le prime parole di Vergani, impegnato nel ricordare gli albori di una partnership che perdura dall’ormai lontano 2002.

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“All’epoca fu Puig a dirmi di parlare con Casey” – spiega il Presidente di Nolangroup – “E sia io che il CDA eravamo dubbiosi, perché di lui non si sapeva nulla e sul tavolo c’erano delle cifre importanti. Però Puig insisteva, mi diceva che questo ragazzo sarebbe diventato fortissimo, e alla fine ci convincemmo che fosse la scelta giusta. Prima le 250, poi il passo indietro in 125, poi il salto di categoria e poi…il resto lo sapete da voi”. “L’X-803 Ultra Carbon Replica Stoner è un prodotto che abbiamo realizzato per celebrare la fedeltà di Casey al nostro marchio” – prosegue Vergani – “Ricordo che a Jerez, quando si stava trattando il rinnovo, mi chiese se fossi a conoscenza del fatto che in tanti gli stessero offrendo dei contratti. Io risposi di sì, e lui aggiunse subito un ‘Bene, allora sappi anche che li sto mandando tutti a quel paese. Ho iniziato con Nolan e finirò con Nolan’“.

Un rapporto dunque che ha segnato tutta la carriera sportiva del #27. Ed un rapporto che, a dire del #27 stesso, non è così semplice da replicare. “Attualmente in MotoGP è più raro vedere rapporti di collaborazione durare così a lungo nel tempo, e purtroppo i concetti di fedeltà, lealtà e rispetto finiscono per essere sempre più sfumati – esordisce infatti l’australiano, chiamato a rispondere alle domande della platea dopo una breve spiegazione delle peculiarità del casco celebrativo – “Diciamo che un rapporto simile sarebbe stato la norma nel corso degli anni ’80-’90, quelli in cui avrei preferito correre. Già, correre. Quella cosa che a Casey Stoner sembra proprio non interessare più. “No, non tornerò a gareggiare – spiega sorridendo a chi, in un ritorno del Canguro Mannaro, ancora ci spera – “Neppure in SBK con la V4: non c’è nulla in programma. Ho una famiglia, mi godo la vita con mia moglie e le mie figlie: ho scoperto l’importanza del tempo, e francamente sento il bisogno di svegliarmi nel letto di casa mia per la maggior parte dei giorni dell’anno. Non sento proprio la mancanza di dover correre 18, 19 o 20 gare ogni stagione”.

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Una conferma che un po’ addolora noi appassionati, ma che non scontenta proprio tutti gli addetti ai lavori. “L’ultima volta che ho parlato con Michele (Pirro, ndr) del fatto che Casey dovesse effettuare un altro test non era molto contento – ci dice ridacchiando Alberto Vergani – ‘Non farlo venire qui, che ogni volta che torna ci fa fare delle figure indegne!’, mi scriveva. Lui è così, fa con naturalezza quello agli occhi degli altri era qualcosa di extraterrestre. Ti rendevi conto di fare cose da alieno?”. Stoner sorride e dissente con la testa. “Ecco, vedete? Lui è convinto di fare cose normali, ma non è vero. Però per lui è naturale essere così: vive nei circuiti da quando ha 4 anni, da piccolo correva 35 gare a weekend utilizzando fino a 5 moto diverse. E’ come mettere in mano un manubrio da 10 kg ad un atleta che fino al giorno prima si allenava con 100 kg: lo lancerebbe nella stratosfera”.

Il nome di Pirro, ovviamente, porta la conversazione sull’universo che più si è avvicinato a Casey Stoner nel corso degli ultimi anni: quello Ducati. “In Ducati sono contento di quello che faccio ora – dice il #27 – “Anche se forse vorrei avere più influenza su alcuni dati, su alcune posizioni, su alcune decisioni durante il weekend, perché credo che con la mia esperienza potrei dare qualcosa in più rispetto a quello che faccio ora. Però non intendo ricoprire ruoli che mi costringano a seguire la squadra in ogni weekend.

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Dopodiché l’attenzione si sposta sui piloti, sia quelli del presente che quelli del futuro. “La condizione mentale di Andrea (Dovizioso, ndr) è cambiata molto rispetto al 2017. L’anno scorso ha ottenuto delle grandissime vittorie quando quasi nessuno se lo aspettava, e questo nel 2018 per lui ha significato partire con la voglia di vincere ancora di più rispetto all’anno passato: vincere è come una droga, quando provi non ti basta mai. Ma il sapere di poter pretendere di più da te stesso ti porta ad avere un’attitudine completamente diversa, a volte non semplice da gestire. Ha commesso degli errori, ma ha dimostrato di saper andare molto forte: se riuscirà a trovare un equilibrio vedremo delle grandi gare, ma purtroppo quest’anno credo che sia veramente difficile per lui vincere il campionato”, continua Stoner.Lorenzo in Honda invece è un qualcosa di interessante– incalza poi a sorpresa – Gli è stato dato addosso con troppa facilità, sappiamo quanto Jorge sia un pilota veloce. Con lui abbiamo sbagliato, e di molto anche: Ducati avrebbe dovuto realizzare dei pezzi per lui più velocemente e in maniera più precisa di quanto non siamo riusciti a fare, avremmo dovuto fare di più. Ora abbiamo visto che una volta trovato il giusto feeling di guida è tornato a vincere: se dovesse trovarsi a proprio agio con la Honda potrà tornare davanti anche con una certa costanza”. “Una volta perso lui” – conclude poi – Credo che Danilo (Petrucci, ndr) fosse la scelta più giusta: è costante nei risultati, è veloce, guida la Ducati da anni e quindi la conosce molto meglio di tanti altri piloti. Anche perché non avrebbe avuto neppure senso attingere dalla Moto2: abbiamo visto come per essere competitivi in MotoGP sia necessario dominare nella classe di mezzo (solo Marquez e Zarco stanno davvero andando forte), quindi Danilo è la scelta giusta per Ducati. Sono convinto che potrà fare bene, ci sono degli aspetti che deve migliorare ma sappiamo che sa essere molto veloce“.

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“Attualmente seguo con attenzione un paio di piloti delle classi minori” – continua il #27, incalzato sull’argomento – “Non considero solamente la loro velocità, ma anche il modo con cui trattano gli altri piloti e la loro attitudine in pista e fuori. Per me questo è molto importante. Ovviamente c’è da considerare anche il talento, ma abbiamo visto molti piloti talentuosi non riuscire ad arrivare dove avrebbero meritato”. E a chi gli chiede se abbia mai riflettuto sulla possibilità di aprire un’Academy simile a quella di Valentino Rossi, Stoner risponde così. “Sì, ho pensato a creare una realtà così in Australia, ma per me non è semplice perché non mi accontenterei di trovare dei piloti veloci, metterli in moto e farli andare, ma preferirei piuttosto prendere uno o due piloti ed aiutarli in qualsiasi modo io possa piuttosto che prenderne tanti e lasciarli girare. Questo è il mio modo di vedere le cose, ma ovviamente rispetto tutte le Academy esistenti perché danno la possibilità di correre a tanti giovani piloti, che è sostanzialmente la stessa cosa che è accaduta a me”.

“In Moto2 il problema è che quasi tutti riescono a far andare forte la moto” – prosegue Stoner nella sua analisi della classe cadetta del Motomondiale – Le moto sono abbastanza semplici da guidare e perdonano gli errori, credo che i piloti non debbano fare troppe cose per andare veloci su una Moto2. Si entra in curva, si esce, si dà gas e non succede nulla: la moto non diventa ‘matta’, non ci sono impennate, ed infatti gli unici errori si vedono all’anteriore, perché è l’unico vero punto in cui il pilota riesce a forzare. Non si vedono errori in fase di cambiata, c’è troppa elettronica. Persino in MotoGP, tanto che quando faccio dei test imposto tutti i controlli al minimo per sentire davvero come si comporti la moto. Fosse per me tornerei al 2006, quando c’era meno controllo elettronico sul comportamento della moto”. E a quel punto, dopo averlo solo sfiorato durante il discorso sulle Academy, Casey decide di affrontare l’argomento Valentino Rossi. “Se sia proprio l’elettronica il motivo per cui Valentino riesca a tenere il passo dei più giovani? No, anzi: credo sia l’esatto contrario – sostiene il #27 – “Se si tornasse ad avere delle moto più libere Valentino sarebbe più avanti di dov’è ora, perché ai piloti verrebbe permesso di fare più la differenza e dato che lui ha talento sarebbe più semplice vederlo davanti. Non credo sia diventato meno veloce con il passare degli anni, e anche se non vince un GP da tempo è comunque secondo in campionato: certo, vincere il titolo per lui sarà difficile perché accumulare punti con i podi non basta, però se Yamaha riuscirà a tirare fuori una buona moto credo che potrà vincere ancora diverse gare“.

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Sì, ma chi vincerà il titolo in MotoGP quest’anno? “Direi Marquez, anche perché è uno strano campionato, con il 2° ed il 3° in classifica che non vincono gare da parecchio tempo. Credo che Marc abbia qualcosa in più, anche se la stagione è ancora lunga e quindi cercheremo di dargli fastidio sin dalla prossima gara al Sachsenring. Non sarà semplice, ma ci proveremo“, dice Casey, con un plurale che gli fa immediatamente rivestire i panni da uomo Ducati che sembrava aver lasciato appesi al guardaroba fuori la sala della Conferenza Stampa. “E no, non credo che il suo modo di guidare sia particolarmente aggressivo – risponde a chi gli chiedeva se lo stile di guida del #93 fosse davvero pericoloso per altri piloti – “Forse qualche anno fa, ma ora non è l’unico a guidare in un certo modo. Francamente non riesco a capire come la FIM possa permettere certe cose, e non solo nella MotoGP. Un tempo era un ‘sorpasso scorretto’, ora è un ‘contatto di gara’: per me però non è così. A volte è vero, può capitare, ma ora sembra che in qualsiasi momento si possa avere un contatto con un altro pilota ed uscirne puliti. Credo che sia necessario dare penalità più severe, anche per chi taglia curve avvantaggiandosi: chi insegue si impegna per tentare il sorpasso, non è giusto che evitando di fare la curva si possa perdere meno tempo di quanto non ne farebbe sprecare l’andare larghi per rimanere in pista dopo aver subito un attacco all’interno“. 

“Da questo punto di vista rispettavo molto sia Jorge che Dani – replica a chi lo interrogava su quale fosse il pilota che stimava di più per il comportamento in pista – Jorge è stato incredibilmente competitivo per anni senza essere scorretto, era difficilissimo stargli dietro in alcune gare perché non rallentava mai. Per Dani ho molto rispetto, abbiamo lottato in maniera corretta per tante volte e nella mia vita non ho mai visto nessuno veloce come lui: alcuni dei giri veloci che è riuscito a segnare, credetemi, non ho davvero idea di come li abbia fatti. Così come faccio fatica a capire come faccia a guidare moto così grandi pur essendo così piccolo: io sono al limite per portare una MotoGP attuale, lui che è ancora più leggero deve davvero fare una fatica incredibile. Anche di lui la gente ha dimenticato troppo e troppo in fretta: non so cosa succederà l’anno prossimo in Honda quando al posto suo andrà Lorenzo, ma io nel dubbio consiglio di iniziare a prendere i pop corn…“.  

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Anche perché è meglio guardare da casa un mondo che, in fin dei conti, non gli manca per nulla. O meglio, quasi per nulla. “Se c’è qualcosa che mi manca della MotoGP è la qualifica – dice infatti Casey – Mi manca il dover dare il massimo in quell’unico giro, ancor più delle gare, dei sorpassi e delle vittorie, che tutto sommato facevano parte del lavoro. Era quella sensazione di sfida contro se stessi che mi manca, anche perché sinceramente non ho ancora ben capito se fossi affascinato dalle moto o solamente dalla voglia di correre, dalla competizione“.

E per concludere a proposito di competizione, l’attuale Stoner saprebbe dire la sua in una gara della MotoGP? “Certe cose non si dimenticano, si hanno nel sangue e basta – risponde stavolta Alberto Vergani, alzandosi dalla sedia e facendoci capire che il tempo delle domande si è purtroppo esaurito – “Ricordo l’ultima volta che si parlava di un ritorno in pista. Cos’era, Austria 2016? Gli chiedo ‘Casey, sii sincero: tu senti di poterla vincere questa gara?‘. Lui mi rispose di no, e pensai che non si sentisse in grado di reggere lo scontro con gli attuali piloti. Poi però mi guardò e disse: ‘No, non sono sicuro di vincerla. Ma nella Top Three ci entro di sicuro…’“.

Perché il talento, in fondo, lo si può solo nascondere. Farlo scomparire del tutto, semplicemente, è impossibile. Soprattutto quando si è Casey Stoner. 

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Stefano Nicoli

The author Stefano Nicoli

Giornalista pubblicista, innamorato dal 1993 di tutto quello che è veloce e che fa rumore. Admin e fondatore di "Andare a pesca con una LMP1", sono EXT Channel Coordinator e Motorsport Chief Editor di Red Bull Italia, voce nel podcast "Terruzzi racconta", EXT Social Media Manager dell'Autodromo Nazionale Monza e Digital Manager di VT8 Agency. Sono accreditato FIA per F1, WRC, WEC e Formula E e ho collaborato con team e piloti del Porsche Carrera Cup Italia e del Lamborghini SuperTrofeo, con Honda HRC e con il Sahara Force India F1 Team. Ho fondato Fuori Traiettoria mentre ero impegnato a laurearmi in giurisprudenza e su Instagram sono @natalishow