Come ogni anno, il round di Misano del World SBK è l’occasione per parlare con Axel Bassani, da quest’anno pilota ufficiale Kawasaki nelle derivate dalla serie. Il ragazzo di feltre ci ha raccontato del suo passaggio da un piccola realtà indipendente a un team ufficiale, del feeling con la Ninja, che richiede una guida quasi old school, e di come lavorando per un team ufficiale senta fnalmente il motociclismo come un lavoro. Il tutto a pochi giorni dalla sua partecipazione alla Castelli 24H, una gara ciclistica a squadre lunga un giorno intero a cui bassani ha sempre guardato con curiosità.
FuoriTraiettoria: Axel, come mai questa partecipazione alla Castelli 24H?
Axel Bassani: Siccome il calendario della SBK ci ha tenuto fermi per quasi due mesi, avevo bisogno di correre. Era da due anni che stando a casa andavo a vedere questa gara e mi faceva voglia, così quest’anno ho fatto la squadra con degli amici. È stata un’esperienza divertente, molto faticoso ma bello perché corri anche di notte, ti dai il cambio e ti devi saper gestire. Il prossimo anno se il calendario della SBK me lo permette la rifarò.
Come mai negli ultimi anni voi piloti vi siete legati così tanto al ciclismo al punto partecipare a gare ed eventi come questo di Feltre?
Per quanto mi riguarda tutto è iniziato perché se corro a piedi sto male, mi dà problemi a gambe, anche e schiena quindi ho smesso in favore della bici. Andare in bici è meno stressante per il fisico ma comunque trovi benefici andando in moto, a livello di forza nelle gambe e fiato. Aiuta anche a sapersi gestire, a livello di fiato e testa. E poi è una cosa, il ciclismo, che ti prende e di conseguenza ti diverti. Questo porta magari a fare delle gare per staccare, perché non è come i week end di gara in cui c’è la pressione in ogni momento, le gare in bici le fai e ti diverti. Gareggi, hai un po’ di adrenalina ma senza pensieri e stress. Per me è un modo per staccare ma rimare in un contesto di gara. Negli ultimi anni nel motorsport si è un po’ perso il concetto di farlo perché hai piacere di, sei sempre obbligato a fare risultato perché gli sponsor e tutto quello che c’è dietro chiedono questo e di conseguenza sei meno tranquillo. Fare queste cose qui ti aiuta a ritrovare la competizione nella sua purezza.
Quest’anno sei passato alla ZX-10R del team Kawasaki ufficiale. Com’è stato l’inizio con la Ninjona?
L’inizio non è stato facile, perché comunque arrivo da una moto col V4 che ha caratteristiche completamente diverse da una col 4 in linea. Riabituarsi dopo 3 anni non è stato immediato, il problema più che altro è che i rivali sono migliorati molto. I piloti con Ducati e BMW hanno fatto un grosso step in avanti perché girano molto più forte rispetto all’anno scorso, io con Kawasaki al momento giro sostanzialmente sui tempi che facevo l’anno scorso, a volte sono anche più veloce. Già è difficile, perché il livello è alto, ma così per me è ancora più difficile ma ci adattiamo cercando di trovare quello di cui ho bisogno
E il passaggio da sospensioni Ohlins a Showa? La Casa di Akashi è l’unica ad affidarsi al produttore giapponese.
Sono due materiali diversi, che seguono due filosofie diverse. All’inzio è difficile capire il modo in cui lavorare e approcciarti ai tecnici, quindi è tutto più complicato almeno in questa fase. Si tratta di una bella sfida. Comunque sono in una squadra ufficiale quindi c’è sempre un grande lavoro di sviluppo dietro con la squadra che ti segue e ti ascolta.
A proposito, com’è stato il cambio di squadra?
In KRT sto bene, si parlano un sacco di lingue diverse ma è un po’ difficile perché devi sempre parlare in inglese quindi magari se sei nervoso diventa difficile spiegarti. Però sto lavorando anche su questo ed è bello. Un’altra cosa strana è avere un compagno di squadra, io è dal 2018 che non ne avevo uno.
E come ti sei trovato ad avere nuovamente un compagno con cui confrontarti?
Bello, bello perché sai che ha la tua stessa moto e quindi sai qual’è il limite. Se va più forte sai che sei tu più lento ma che puoi arrivarci facendo quello che fa lui. Avere un compagno è importante anche per velocizzare il lavoro, magari più stressante perché se ti batte ti girano le balle, com’è normale, ma devi riuscire a capire che ti serve, che è un aiuto. Avere un compagno non mi mette pressione, anche perché sono uno che la pressione se la mette da solo. Magari sono anche troppo severo con me stesso certe volte.
E lavorare in un team ufficiale è come te l’aspettavi?
Ci sono più foto e video da fare, questo è sicuro. Però fa parte del gioco. Prima mi lamentavo perché nessuno mi guardava e il giovedì non facevo nulla dalla mattina alla sera, ora invece è l’opposto. Ma ho voluto la biciletta e ora pedalo, sarebbe bello andare solo in moto ma non si può fare. Però ecco, finalmente sento questo come un vero lavoro a tempo pieno, sono impegnato al 100% tutti i giorni. Tutto è più bello, è come se a un certo punto arrivi dove hai sempre sognato di arrivare. C’è da lavorare di più però da quando sono piccolo ho lavorato per arrivare qui.
E da come ne parli, non sembra sia venuta meno la sensazioni di famiglia che può dare un un team piccolo.
Nella squadra satellite, specialmente se italiana com’era Motocorsa dov’ero io, che era molto piccola, c’è ancora di più quella sensazione di famiglia. È normale, eravamo in 8 mentre qui siamo in 44 persone. In un team grande sicuramente sei più professionale a gestire certi attriti, lì era proprio come in famiglia quando tuo papà o tuo fratello ti fanno girare le balle e ti incazzi. Questa professionalità ti permette di liquidare certe cose in 10 minuti, di là certe cose te le trascinavi dietro per giorni. Secondo me, a volte, ti senti più in famiglia quando c’è più gente. Comunque siamo un gruppo di nazionalità molto calienti e felici. Anche il mio capotecnico, è olandese e di solito sono un po’ freddi invece lui mi coinvolge sempre, mi fa quasi da papà cercando di farmi star tranquillo.
Tornando sul rapporto con la moto, ha dovuto cambiare qualcosa nel tuo stile di guida per la diversa filosofia del motore e delle sospensioni?
Sì, ho dovuto cambiare tutto. Il modo in cui freno, in cui curvo, in cui accelero e anche la posizione in sella. Tutto! Però una cosa che non mi pesa troppo, dopo un po’ quasi non ci pensi più perchè diventa naturale. Sicuramente all’inizio, specialmente abituarsi a quello che ti trasmette la moto è difficile, perché sei abituato che se fai una determinata cosa la moto ti restituisce una determinata sensazione. All’inizio è spiazzante ma basta abituarsi. Mi sono dovuto resettare un po’ all’inizio.
Sei anche passato a una moto senza appendici aerodinamiche. Due anni fa ci raccontavi di essere contrario a queste soluzioni. Hai cambiato idea?
Adesso sì che vorrei le alette! (ride, Bassani) È sempre così, quando hai qualcosa dici che non ti interessa, quando non ce l’hai te ne penti. La verità è che sono arrivato in Superbike e le ho avute sin da subito sulla Ducati, però provando senza ho capito che il beneficio c’è ed è tangibile. Ho dovuto cambiare il modo di guidare soprattutto in accelerazione, devo guidare la Kawasaki un po’ alla vecchia maniera, come le moto di una volta, usando tanto il freno posteriore in uscita. Con la Ducati e le sue alette bastava dare gas. Comunque la Ninja è una moto che di fatto nasce 12 anni fa, quindi già di suo chiede uno stile particolare, però nonostante questo va forte, i tempi che facciamo sono buoni, anche perché la squadra lavora molto bene e riusciamo a spremere al 100% il potenziale della moto.
Ma questa ZX-10R è come te l’aspettavi o alcune cose ti hanno sorpreso?
Alcune cose mi hanno sorpreso, come la cambiata, ma in generale lo spirito mi ricorda quello della 600 che guidavo anni fa. Ho ritrovato quelle sensazioni però sicuramente se vuoi stare con Ducati e BMW devi fare uno step perché loro sono andati molto avanti e hanno molte nuove tecnologie su cui fare affidamento. Non voglio dire che siamo arrivati a quello che è il limite della Ninja, perché puoi sempre fare qualcosina in più, però forse ci siamo vicini. Io sto lavorando molto sulla stabilità dell’anteriore, area in cui Ducati forse era più apposto, e forse negli ultimi test abbiamo trovato qualcosa che funziona. Stiamo anche riutilizzando componenti ‘vecchie’, tolte solo perché vincevano sempre per limitare le prestazioni della Ninja, che permettono alla moto di funzionare meglio.
A te invece cos’è mancato in questi primi round del 2024 per esprimerti al meglio?
La qualifica. Devo migliorare la posizione di partenza, sono sempre partito dalla quinta fila in giù. Se parti 15° o sei Marc Marquez o dopo un po’ è meglio se torni a casa (ride, Bassani). Recuperare posizioni è difficile, i passi sono troppo vicini e di conseguenza devi cercare gare da fuorigiri rischiando molto. Se non parti nelle prime due file è molto complicato. Dobbiamo lavorare molto sulla qualifica.
E quanto tempo credi ti serva per tornare a lottare per il podio?
Mentirei dicendo che non penso al podio, a podi e vittorie ci pensi sempre. Al momento non siamo pronti per raggiungerlo. Ci sono molti piloti che adesso occupano sempre il podio, prima di giocarsi qualcosa con loro bisogna farsi una buona base. Ora il livello è troppo alto per puntare al podio partendo indietro.
Infine, sembra che Pirelli quest’anno stia portando soluzioni più difficili da gestire e portarle fino a fine gara.
Il problema è che ci sono soluzioni di sviluppo ad ogni week end ma il tempo per provare e capire bene tutto è poco, quindi arrivi in gara senza sapere davvero cosa possono vare tutte le gomme a disposizione. Così per scegliere con cosa correre ti giochi qualche jolly. Per me le gomme sono migliorate tanto rispetto a tre anni fa, ora dal primo all’ultimo giro riesci a girare con una certa costanza, prima dopo 6-7 giri c’era un bel drop e alla fine giravi un secondo più lento. Ora al terzultimo giro c’è la possibilità di fare il giro veloce. Ecco magari avendo gomme così buone tutti riusciamo ad andare uguali, senza grossi cali rendendo difficili le rimonte.
Invece in Moto2 sembra stiano soffrendo molto il passaggio alle Pirelli.
Perché secondo me non si sono ancora messi apposto, è quella la verità. Son partiti pensando di avere ancora le Dunlop da 80 giri, quando la Pirelli è una gomma da 30 giri. C’è anche chi come Garcia, che ha vinto gare girando sugli stessi tempi dall’inizio alla fine, che ha capito come sfruttarle.