Chiedo anticipatamente scusa per il ritardo. Ma dovete capirmi, ho dovuto aspettare che anche Zarco rientrasse ai box per passare dalle wet alle slick prima di iniziare a scriverle. Spero mi perdonerete comunque.
MARC MARQUEZ – 6RIENTRATO. Avrebbe potuto prendere il via anche con un Rotolone Regina ed un Ringo alla vaniglia al posto delle ruote e non sarebbe cambiato nulla comunque, tanto lui di passare alle Slick dopo due giri l’aveva deciso già dal GP d’Argentina del 2016. Finisce in lontanesima posizione dopo aver accuratamente evitato di mettere anche la terza marcia, dopodiché una volta messe le gomme da asciutto scompare dagli obiettivi delle telecamere per comparire direttamente in quelli dell’aeronautica vista la sua velocità. Dimostra comunque di avere ancora qualche difficoltà nello scrivere in italiano quando, per spiegare questa sua gara da fantasma, sostiene di essersi limitato a trasformarsi in quello che nome italiano del mese corrente suggerisce di diventare. AGHOST
VALENTINO ROSSI – 1824. Il suo tempismo nel rientrare in corsia box è paragonabile a quello di chi, il 6 giugno del ’44, decise di trascorrere una giornata al mare sulle spiagge della Normandia. Va detto però che stavolta al suo errore sembra esserci una giustificazione: mentre infatti le altre moto sono ormai dotate di schermi così grandi da permettere ai piloti di giocare a Mario Kart nei momenti di noia, sulla M1 il #46 ha ancora il contachilometri analogico, ed è quindi costretto ad attendere che al suo box approntino i segnali di fumo per avvisarlo di rientrare ai box quando è però ormai troppo tardi. Era furente con il suo team nel dopo gara, ma pare che l’abbia calmato la proposta di Jarvis di riappacificarsi con la squadra. Sembra però che Lin non intendesse quello con la sua frase, ma la necessità di Valentino di imparare un dialetto indiano per comprendere meglio e più in fretta suddetti segnali di fumo. FACCIAMO L’A-PACHE
ANDREA DOVIZIOSO – 10.500 RPM. Anche lui sconta gli effetti negativi di una strategia degna del miglior Stefano Domenicali dei tempi passati, ritrovandosi talmente indietro dopo la sosta ai box da ritornare in pista durante la prima ripartenza della Moto2. Si dice che anche qui l’errore strategico sia figlio di una banale incomprensione: Dall’Igna infatti, prima dello start, gli aveva detto che per vincere la gara avrebbe dovuto correre in un certo modo. Gigi intendeva cambiando marcia il più tardi possibile per sfruttare la potenza del motore, il Dovi invece ha inserito un apostrofo dove non serviva e si è convinto di dover copiare le scelte di chi gli stava davanti. “CORRI ALL’IMITATORE”
JORGE LORENZO – 8. I fisici del CERN di Ginevra lavorano senza sosta da venerdì mattina per cercare di capire come sia possibile che la fisica abbia permesso al Porfuera di concludere in terza posizione una sessione di prove svolta interamente sotto la pioggia. Sarebbe probabilmente collassato l’Universo intero se il #99 avesse trionfato in una gara dichiarata “Wet”, ed è per scongiurare questa eventualità che Dall’Igna dà ordine di fargli trovare la GP17 senza pastiglie, semi manubri e sella, per poi rimontare tutto non appena il povero Jorge si presenti alla piazzola del cambio moto. Sembra che il #99, per sottolineare la dormita colossale del suo box in occasione di questo Flag-To-Flag, abbia proposto di modificare leggermente il nome del motore Ducati in modo tale da renderlo più consono alla sonnolenza della squadra. DESMODORMICO
ALEX RINS – 7. La sua gara è inspiegabile: girovagava con il suo solito ritmo da Booster nelle retrovie, quando all’improvviso ai piloti che rientrano ai box assieme a lui capitano partenze omicide, inchiodate fotoniche e motori ingolfati. Nessuno sapeva darsi una spiegazione, fino a quando nel Paddock non ci si è accorti che ad Alex era improvvisamente spuntata una lunga chioma nera e che c’era chi giurava di averlo visto in continuazione “Sette giri” ai suoi avversari, mentre una sua immagine tentava di venire fuori dagli schermi delle moto. THE RINS
ALEIX ESPARGARO’ – 4. Se fosse entrato in Pit Lane con i rostri sul cupolino, lasciando chiodi dietro di sé e lanciando granate a destra e a manca avrebbe probabilmente causato meno panico di quello che è riuscito a generare in 2″ netti riprendendo la corsa in quel modo. La sua ripartenza dal Box causa la caduta di Iannone, un maremoto nel Mare di quel famoso cane Husky – il Mar Baltico insomma – e l’abbassamento dell’Everest di 8 metri, ma il Collegio dei Commissari con lui decide di essere Mastella, quindi Clemente. E pensare che lui credeva di fare una cosa gradita al paese ospitante, partendo non guardando nessuno alla maniera tipica di quelle zone. PARTENZA ALLA CECA
ANDREA IANNONE – 1000. Dopo aver dichiarato di giocarsi le palle qualora non fosse arrivato vicino ai primi, dopo il botto in qualifica capisce che forse è il caso di correre ai ripari: è per questo che conclude in fretta e furia un contratto di sponsorizzazione con la Spalding, che gli fa trovare domenica mattina un camion pieno di palle da basket, volley e chi più ne ha più ne metta per liberarsi così dalla scomoda situazione in cui si era cacciato. Entra di diritto nella Hall Of Fame & Sete della MotoGP autodistruggendosi in corsia box, ma anche lì siamo stati noi a non aver capito il perché di un simile gesto: pare infatti che il #29, colpendo con il casco la sua seconda moto in un determinato punto, volesse semplicemente provare a far capire ai suoi meccanici quale parte del propulsore dovesse essere implementata per avere una maggiore prestazione. LA TESTATA
SAM LOWES – 10. Con il ritmo di cadute al minuto che ha, riuscirebbe a mettere in crisi la produzione dei pezzi di ricambio anche se corresse con una moto fatta di Lego. C’è però da dire che almeno in Repubblica Ceca c’è una giustificazione per questa sua indole distruttiva: pare infatti che Sam abbia origliato una conversazione di Gresini, in cui il patron del team sosteneva con un noto detto italiano che chi avesse rotto qualcosa ne avrebbe pagato le conseguenze. Il problema è che il povero Sam ha frainteso il sovracitato detto ed ha pensato che la conseguenza di eventuali rotture fosse una gita nella capitale della Repubblica Ceca, che lui voleva visitare da tempo. “CHI ROMPE PRAGA”