Mia nonna lo chiama “Azzeccagarbugli”. Lo chiama così non ricordo bene da quanto, forse da sempre. E lo chiama così – mi piace pensare – per via della capigliatura arruffata e disordinata con cui si presentava alle interviste mentre il mondo imparava pian piano a conoscerlo. Quei ricci, mi sono sempre detto, dovevano essere i “garbugli”. E il fatto che fosse in grado di azzeccarli… beh, ho sempre creduto che fosse dovuto a quello che lui, il ragazzo che correva con il #46, riuscisse a fare in sella a una moto nonostante una simile chioma ribelle.
Azzeccagarbugli – Valentino Rossi per gli amici – giovedì ha annunciato il proprio ritiro dal Motomondiale al termine della stagione 2021. Con lo sguardo serenamente triste di chi lascia qualcosa perché deve e non perché vuole, il #46 ha fatto sapere che lui, sulla griglia di partenza del Gran Premio del Qatar 2022, non ci sarà. In nessuna delle tre classi del Motomondiale. Non accadeva dal 1996. Una vita fa, praticamente.
Lo ascolto parlare piuttosto a lungo, durante la conferenza. E, mentre placa l’avida sete di dichiarazioni dei giornalisti, mi chiedo quali possano essere le immagini in grado di testimoniarne la sua trasversalità, il suo essere uomo, atleta, personaggio, pilota, simbolo di un’intera epoca, sportiva e non. A un tratto, mentre sfoglio rapidamente istantanee scattate in un ventennio di corse, vedo lei. Esatto, mia nonna. Che seduta su una sedia del salotto, sguardo attento e orecchie tese, durante tanti pranzi familiari della domenica osservava cosa stesse accadendo in pista al Mugello, ad Assen, al Montmelò, a Jerez. Belle e interessanti la 125 e la 250, senza dubbio, ma nella 500 prima e nella MotoGP poi c’era lui, Azzeccagarbugli. Un ragazzo marchigiano, sorriso perenne e accento che sa d’estate, che era capace con le sue manovre di tenere incollata allo schermo un’adorabile signora di 60, 70 e persino 80 anni. Che, oltretutto, ben poco di moto e motori aveva sentito parlare fino a quel momento.
“Hai visto Azzeccagarbugli?”, ricordo che mi ha chiesto sorridendo qualche giorno dopo il GP di Catalunya 2009. Un GP intenso, palpitante, uno di quelli finiti nella Leggenda senza neppure bisogno di transitare prima nella Storia. Io lo avevo visto al mare, sommerso dal bagno di folla che circondava la TV dello stabilimento balneare, assieme ad amici e persone sconosciute che arrivavano da città, regioni e persino Paesi diversi. Nonna, al solito, seduta in un salotto davanti alla televisione. La differenza di luogo, di compagnia, di età e di nazionalità non contava, non ha mai contato, quando in pista c’era Valentino. Non era necessario neppure essere nello stesso luogo, davanti allo stesso schermo, per sentirsi uniti in una passione, in un tifo, coeso al punto da riuscire a dividere chi, invece e chissà per quale motivo, nel #46 ha sempre voluto vedere altro.
E ancora. È stato sempre per lui, sempre per Azzeccagarbugli, che in una tiepida domenica mattina di fine ottobre uno sperduto paesino del Centro Italia ha spasmodicamente cercato una TV con un cavo così lungo da poter arrivare fino a un angolo della minuta piazza centrale. “E dove lo guardiamo… lì, Valentino oggi?”, chiedeva nonna. Era il 29 ottobre 2006, il giorno del Gran Premio della Comunità Valenciana. Il giorno della gara che avrebbe deciso un’intera stagione, consegnando di lì a poco il Mondiale tra le mani statunitensi di Nicky Hayden. Nessuno, tra le decine di invitati a quel pranzo comunitario, prese la richiesta alla leggera. Si cercò il tavolo su cui appoggiare la TV, il cavo dell’antenna che potesse garantire un discreto segnale, le prolunghe più disparate per sistemare lo schermo in una posizione che permettesse a molti – se non a chiunque – di seguire la gara. Una mobilitazione popolare, un impegno comune e comunitario semplicemente per lui, per Valentino. Quella volta Azzeccagarbugli non vinse, ma eravamo tutti sicuri che ce l’avrebbe fatta alla prossima. Perché la forza del #46, un’altra delle forze del #46, risiedeva anche in ciò: nel darti l’impressione che non ci sarebbe mai stata davvero un’ultima volta.
Torno presente alla conferenza. Sullo schermo scorrono sequenze delle più grandi imprese di Valentino, istantanee eterne di un talento totale. Immagini forti, alcune già tramutatesi in icone, che però del fenomeno Rossi spiegano forse meno di quella che ritrae, davanti a uno schermo o alla ricerca di una TV nella piazzetta di un paesino, una nonna. Ignara di molte cose di quell’universo, disinteressata fino ad allora a quegli scavezzacollo, eppure attratta vicino a quel mondo solo e soltanto da quel centro di gravità che è stato lui, Azzeccagarbugli. Al quale il Manzoni aveva sottratto un accettabile competenza forense senza sapere che, di lì a qualche secolo, Nonna Gemma gli avrebbe regalato un polso destro con pochi eguali nella Storia del Motorsport.