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Quel pizzico di Dovizioso a dividere Pecco ed Enea





34 millesimi, un pizzico di tempo ha diviso Pecco ed Enea sul traguardo del GP di Misano e Riviera, l’ultimo GP di Andrea Dovizioso che proprio col 34 sul cupolino aveva iniziato a correre e vincere nel Motomondiale. Quel pizzico di Dovizioso tra il successo di Bagnaia e il piazzamento di Bastianini. 


Il 34 sulla carena della Honda gestita dal Team Scot non era casuale. Quel sedicenne forlivese non se lo fece scappare in fase d’iscrizione alla 125 nel 2002. Alla sua prima stagione da pilota titolare nel Motomondiale. E se l’è tenuto stretto finché ha potuto. Per sei stagioni il 34 è stato sul cupolino di Dovizioso, dalla 125 alla 250 dove ha collezionato i primi podi, le prime vittorie e il titolo del 2004 nell’ottavo di litro, ultimo italiano a riuscirci. Quel ragazzo forlivese non si fece scappare quel numero perché era cresciuto ammaliato da Kevin Schwantz. Era il suo idolo. Non poteva che correre col suo numero. Poi l’approdo in MotoGP, l’impossibilità di tenere quel numero perché ritirato ed il passaggio al 4.


Eppure viene quasi da sorridere a vedere com’è cresciuto, chi è diventato il Dovizioso pilota. Non può esserci pilota più lontano dallo scapestrato texano, che con 21 ritiri è 25 vittorie stava tanto in terra quanto sul gradino più alto del podio. Andrea non è mai stato pilota da tutto o niente, anzi ha fatto dell’intelligenza e della conoscenza tecnica, della costanza e della sensibilità i tratti distintivi della sua carriera. I suoi punti di forza. Quando c’era da gestire gomme che non bastavano per metà gara, DesmoDovi riusciva a centellinare al micron la mescola lasciata sugli asfalti di mezzo mondo. Un pilota, composto, elegante in un mondo dove di questa dote ci si accorge dopo, quando se ne percepisce l’assenza

Ed è giusto così, è giusto che il distacco tra i primi due sia stato quella doppia cifra, la prima di Dovizioso nel suo ultimo GP, al culmine di una delle gare più belle degli ultimi anni. Tirata fino all’ultimo istante come non capita spesso con Michelin fornitore unico, con Pecco ed Enea quasi fusi al carbonio delle loro Desmosedici per limare fino all’ultimo decimo di CX in quegli ultimi metri. E c’è invece tanto di Dovizioso in quelle due moto.

Dovizioso era entrato in Ducati in punta di piedi, quando la Desmosedici era tutto fuorché guidabile con un motore pesante ed ingombrante, perché nato portante, incastrato in un telaio doppia trave d’alluminio che chiedeva tutt’altro. Servì Dall’Igna a rimettere ordine alle idee, ma senza pilota non vai da nessuna parte, coi soli numeri non fai crescere e vincere una moto

Il talento di Dovizioso nel capire la moto e le gomme, nel parlare la stessa lingua di tecnici ed ingegneri di Borgo Panigale li ha aiutati a trasformare quella brutta bestia rossa in una favolosa principessa. Ma pure Alpinestars ha sfruttato le doti di sviluppo di Dovi per provare, riprovare e sviluppare nuove soluzioni per la sicurezza di chiunque oggi giorno inforca una moto.

Non avrà vinto il titolo anche in MotoGP, non avrà avuto i colpi di genio che fanno ammattire le folle. Nemmeno la battuta facile. Eppure di quel timido ragazzino forlivese, che diventato uomo non si faceva mai scappare la difesa da o l’attacco su Marc Marquez all’ultimo giro, di Andrea Dovizioso, sentiremo tutti la mancanza. Ed è bellissimo quel pizzico di Dovizioso a dividere Bagnaia e Bastianini, altri due che di testa ne hanno in abbondanza





Tags : andrea doviziosomotogp
Filippo Gardin

The author Filippo Gardin

Padovano classe 1993, ho iniziato a 2 anni a guidare, in quel caso una mini-replica della moto di Mick Doohan e da lì non mi sono più fermato. 2 e 4 ruote, entro e fuori strada e anche pista: cambiano le forme ma sono tutti frutti della stessa passione. Vi racconterò il Motomondiale, con la testa e con il cuore.