17 maggio 2012. Nel corso della conferenza stampa nel giovedì del Gran Premio di Francia del Motomondiale, Casey Stoner annuncia il proprio ritiro dalle corse al termine della stagione. L’australiano, a quel punto già laureatosi due volte Campione del Mondo con Ducati e Honda, decide di appendere casco, tuta, guanti e stivali al chiodo dopo settimane in cui le voci sulla sua volontà di terminare la propria carriera si erano fatte sempre più insistenti.
La MotoGP è scioccata: Stoner, al netto tanto di assenze dalle gare dovute a problemi di salute quanto da una ben nota insofferenza nei confronti del patinato universo del Motomondiale, è uno dei top rider assoluti della categoria. E, oltretutto, è giovane: Casey ha infatti sul groppone solamente 27 anni quando prende la propria decisione, abbandonando la MotoGP con parecchi anni di anticipo rispetto a moltissimi dei suoi colleghi.
Circa le motivazioni che conducono l’australiano a fare una simile scelta si scrive di tutto, nell’immediato e non. Intolleranze alimentari, ipotesi di tradimenti, un affaticamento cronico mai da lui del tutto spiegato ma dagli altri sempre sminuito, addirittura paura del confronto con quel Valentino Rossi che, in sella alla sua Yamaha, era riuscito a farlo vacillare psicologicamente nel confronto diretto del 2008: per motivare una decisione personalissima di una persona – e non solo di un pilota – si arriva quasi a incolpare l’oroscopo, con orde di primati che grugniscono sghignazzando di fronte a un qualcosa che non sono (e non è detto che saranno) in grado di capire fino in fondo.
Perché no, nessuna delle tante ipotesi fatte per giustificare il ritiro di Casey Stoner ha davvero colto nel segno. È stato il #27 a dirlo, parlando di se stesso a cuore aperto in una puntata del podcast “Gypsy Tales” lunga oltre quattro ore. L’australiano, intervistato da Jase Macalpine, ha infatti spiegato come a rendergli impossibile la vita nel Motomondiale sia stata un’avversaria più tenace di lui: l’ansia.
“Solamente negli ultimi tempi mi è stata diagnosticata l’ansia, che in realtà non credevo potesse rivelarsi un fattore così determinante” – ha esordito il #27 – “In tutta onestà pensavo che fosse un qualcosa che la gente diceva tanto per dire, un modo come un altro per indicare che si fosse stressati. Dopotutto tutti lo siamo un po’, no?”. “Invece persino la mia schiena si blocca a causa dell’ansia. È una sensazione che avverto a livello delle scapole. Posso sentirla arrivare quando mi trovo in situazioni che non mi mettono a mio agio” – prosegue Stoner – “Se l’avessi saputo prima sarebbe stato meglio per la mia carriera, avrei potuto gestire meglio la situazione. Per me essere così chiuso con i media e con le persone non è stato facile, ma non mi sono mai sentito a mio agio in situazioni come quelle. Le folle non mi hanno mai messo a mio agio”.
Più il weekend di gara era buono, più io avrei voluto morire
Casey Stoner
A rendere però letteralmente infernale la vita da pilota di Casey Stoner non erano però solamente le sessioni Media o le attività PR, anzi: erano infatti i weekend di gara veri e propri a mettere in estrema difficoltà il fenomeno australiano. “Il giorno della gara era il peggiore, ed è stato così per anni” – ha dichiarato il #27 – “Prendendo in considerazione soprattutto le ultime due stagioni di MotoGP, più il weekend era buono, più io avrei voluto morire. Mi sarei voluto raggomitolare sul pavimento del camper, mi sentivo malato come un cane, avevo i nodi allo stomaco. Non avrei voluto correre, e non avrei potuto sentirmi peggio per via di una grande apprensione che provavo”. “Avvertivo la pressione che proveniva dalla squadra, da tutti coloro che mi avevano permesso di arrivare fin lì, da tutto ciò che mi aveva circondato” – racconta ancora Stoner – “Hai un team che porta sul posto 70 persone, e quando sei il pilota di punta della squadra tutti si aspettano che tu vinca ogni settimana. Questo ha sicuramente avuto una forte influenza su di me, anche se di tutto ciò mi sono reso conto una volta terminata la mia carriera. Carriera che, peraltro, nel corso degli ultimi due anni ho portato avanti seguendo un unico mantra: ‘Puoi fare solo quello che puoi fare, e non puoi fare più di così’”.
Uno stato d’animo, quello vissuto da Stoner, che non gli fa avere alcun dubbio: la decisione di ritirarsi al termine della stagione 2012 è stata la migliore che potesse prendere. “Sono stato molto bravo a scegliere di ritirarmi. Non mi importa quanto male sia stato, quanto nervoso abbia provato e quanto io mi sia pentito. Mi sono imposto di ingoiare il rospo e di andare avanti sulla mia strada, sono stato bravo”, ha infatti concluso l’australiano. Sulle cui difficoltà, forse una volta per tutte, ora si smetterà di scherzare.