Come raccontatovi poco tempo fa, c’è stato un periodo storico non troppo lontano in cui Ducati, Cagiva e Ferrari erano strette da un forte legame, che trascendeva i semplici rapporti di lavoro. C’è stato un tempo in cui Claudio Castiglioni e Massimo Tamburini formavano una coppia da sogno. Sfornavano capolavori su due ruote uno dopo l’altro. Erano gli anni dell’arrembante Gruppo Cagiva e noi siamo arrivati quasi a goderci quello che sarebbe stato un perfetto capolavoro. Motore Ferrari con ciclistica Cagiva derivata dai GP, realizzata dai capaci tecnici Ducati e design a cura di Massimo Tamburini: cosa chiedere di più? Stiamo parlando della Cagiva Ferrari F4, che purtroppo non uscì mai dallo status di prototipo. Perché alle volte i sogni escono sì dal cassetto, però si fermano sulla scrivania. Ma poi fanno giri immensi e ritornano sotto un’altra forma…
I primi anni ‘90 sono stati un’epoca in cui Ducati viveva ancora sotto l’ala materna di Cagiva, che l’acquistò nel 1985 dalla VM Motori per rilanciarla. Dopo aver conquistato diversi titoli con le bicilindriche desmodromiche marchiate Ducati, quel genio vulcanico di Claudio Castiglioni voleva produrre una moto che lasciasse un segno indelebile. La 916 non era ancora ultimata, ma gli addetti ai lavori erano già convinti che avrebbe rivoluzionato il mondo delle 2 ruote. Claudio voleva andare ancora oltre, creare un abisso tra il prima ed il dopo, con una moto che fosse la massima rappresentante dell’arte motoristica di scuola italiana, che potesse competere e vincere nel World Superbike. Voleva rinvigorire i fasti delle 4 cilindri italiane degli anni 50 e 60, con Gilera ed MV Agusta a farla da padrone. Il sogno era ambizioso e per il motore si voleva alleare col più grande motorista sportivo del mondo: Ferrari. Non esitò a proporre l’ardito progetto a Piero Ferrari che incredibilmente accettò subito, mettendo al lavoro i suoi più fidati tecnici.
Dall’intenso lavoro nacque una moto molto interessante. Il motore è un 4 cilindri in linea da 750 cc, realizzato in due esemplari, con valvole radiali (come tutte le Ferrari di F1 sino ad allora), cambio estraibile,derivato direttamente dalle moto da competizione, e distribuzione a catena centrale, soluzione voluta da Tamburini per rendere simmetrico e quindi più bello da vedersi il motore e che si ispirava alla 750 S del 1970. Il telaio è un doppio trave in alluminio frutto dell’esperienza in 500 GP di Cagiva. Venne coinvolta anche Ducati, che testò al banco i motori e li incastonò nel telaio. I due padri, Claudio e Piero, decisero di chiamarla F4, “F” per Ferrari e “4” per il numero dei cilindri. Questo nome vi ricorda qualcosa? Il primo prototipo, in versione con fanaleria e targa, poteva vantare un peso di 186 kg al netto della benzina. Per quanto riguarda la potenza, non se ne sa nulla.
Nel 1995 iniziò a girare sul circuito del Mugello un prototipo che sembrava una Cagiva C594 del Motomondiale. Però la sinfonia del 2 Tempi aveva lasciato spazio al ruggito cupo del 4 Tempi. Il singolo e grosso silenziatore laterale confermava. A girare e rigirare tra i saliscendi toscani, rimirato dalla stampa di tutto il mondo, era il primo vagito di un sogno chiamato Cagiva Ferrari F4. Cycle World aveva pubblicato alcuni mesi prima delle foto spia di una strana Ducati 851, il cui sound era troppo diverso da quello di un bicilindrico. Il clamore fu tale da spingere Cagiva a rendere ufficiale il progetto, che fu seguito con fervore dalla stampa mondiale.
Finché poi la prima moto con motore Ferrari girava in pista, voci e illazioni galoppavano. Si vociferava potesse avere il Cavallino sul serbatoio, come prodotto ufficiale Ferrari. Si diceva addirittura avesse sospensioni attive mutuate dalla Formula 1!
Mentre il primissimo prototipo girava in pista e su strada, fu affidato al designer Massimo Tamburini il compito di sviluppare l’estetica definitiva. Avrebbe dovuto mantenere uno stile fedele a quello di una 500 GP, ispirato direttamente dalla Cagiva C594, la più bella moto da competizione della sua epoca e una delle più belle di sempre. Decisamente la più bella di sempre. Ma purtroppo non poté mai ultimare il lavoro.
In queste foto potete vedere il primissimo e unico prototipo di Cagiva F4 in versione stradale, un prototipo non definitivo. Forse non è molto gradevole da vedere, dato che è un’insieme di pezzi che la Cagiva aveva in magazzino. Le carene sono infatti quelle della C594, implementate da un faro, posizionato al posteriore in sostituzione dei due scarichi superiori sul codino, e da un doppio proiettore anteriore preso a prestito dalla Cagiva Canyon. Ci sono poi due posticce, a lato della presa centrale della C594. Non era nulla di definitivo e aveva la sola funzione di testare motore, ciclistica e volumi su strada.
Il sogno, dopo essere stato tirato fuori dal cassetto, non lasciò mai la scrivania. Arrivò il momento di sedersi ad un tavolo per pianificare la realizzazione in serie del prodotto. Cagiva aveva investito tanto nel Motomondiale e si stava avviando verso una profonda crisi: le sole Mito e Canyon non garantivano abbastanza utili. E Ferrari aveva paura di indebolire il prestigio del marchio di Maranello: i primi test del motore non si rivelarono soddisfacenti. Così Ferrari si tagliò fuori. Castiglioni vide il suo sogno svanire a due passi dall’uscita della caverna in cui giaceva semi-nascosto.
Come abbiamo detto il signor Claudio era un genio vulcanico, ma soprattutto un profondo appassionato che magari metteva da parte i piani industriali, sacrificati al sacro fuoco della passione. Tale e quale a lui era Massimo Tamburini. Quando due personalità così si incontrano, la poesia non può che prendere vita. I due vi intravidero una possibilità, seppur minima. Castiglioni qualche anno prima rilevò la MV Agusta, di cui non si sentiva più parlare da quasi 20 anni, tramite il gruppo Cagiva. Per rilanciare il marchio decise di dirottarvi l’intero programma F4.
Il progetto perse quasi tutte le parentele con quello originario realizzato assieme alla Ferrari. Scomparso papà Piero ne arrivarono altri due, gli ingegneri Rosa e Goggi che modificarono pesantemente il motore, mantenendone però il frazionamento, le valvole radiali, il cambio estraibile e la distribuzione a catena centrale. I telaisti decisero di utilizzare un telaio a traliccio tubolare in acciaio CrMo (saldato in TIG) misto a piastre. Tamburini curò l’estetica e l’ergonomia e supervisionò tutto, seguendo i concetti che avevano ispirato la realizzazione della Ducati 916. Il duo Castiglioni-Tamburini non volle proprio saperne di mollare, nonostante fossero gli anni della crisi delle 125. Due Ducati 916, con ciclistica e motore del redivivo progetto F4, iniziano a percorrere le strade italiane. Chiunque le sentiva passare si accorgeva subito che nascondevano qualcosa di speciale, e che risuonavano di una sonorità propria di un sogno.
Il 1997 sta per volgere a termine, di lì a qualche mese verra conclusa la vendita di Ducati al Texas Pacific Group, e viene presentato il prototipo della MV Agusta F4 Serie Oro. Rossa e argento, con aureo magnesio a profusione. La moto più bella del mondo. Per sempre.