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Le BMW di Mauro Forghieri, dalla F1 alle mancate MotoGP





Col passaggio ai motori a 4 tempi da 990cc, la neonata Classe MotoGP divenne fucina di progetti molto interessanti e vari nei primi anni 2000. Alcuni mai davvero venuti al mondo, come i tricilindrici BMW progettati da Mauro Forghieri, tramite la Oral di cui è socio-fondatore. Quella tra la casa Bavarese e Forghieri era una collaborazione nata all’inizio del nuovo millennio, per realizzare i V10 con cui BMW tornò in F1. Per il progetto MotoGP, venne scelto Luca Cadalora come collaudatore.

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Dopo i fasti della prima ‘Era Turbo’, BMW tentò il ritorno nel paddock della Formula 1 come costruttore, nei primi anni ’90. Tale progetto –S192 il nome dato alla vettura-  restò solo su carta e venne in seguito ceduto prima alla Andrea Moda e poi alla Simtek, con risultati decisamente modesti. I vertici della Casa Bavarese diedero comunque l’ok per un ritorno come motoristai primi studi iniziarono attorno al 1996 sotto la guida del mitico Paul Rosche, DT della BMW Motorsport dal 1979.


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Proprio Rosche convinse i vertici della Casa bavarese a rientrare in F1, così come fatto negli anni ’80 con lo straripante M12, insieme al responsabile comunicazione Karle Hinze Kalfbeel, amico ancor più che collega. Per non lasciare nulla al caso venne avviata una collaborazione con Forghieri attraverso la Oral, società da lui stesso fondata il 1° gennaio 1995 assieme a Franco Antoniazzi e Bruno Lugli, per lo sviluppo dei motori che in seguito verranno installati nelle Williams del nuovo millennio. Il primo fiore di questa sinergia fu un piccolo bicilindrico a V di 72° prototipale, da 600 cc: un quinto del V10 con cui la BMW sarebbe tornata in F1. In seguito, l’obiettivo della BMW tramite questa collaborazione divenne quello lottare per il titolo contemporaneamente sia in F1 che nel Motomondiale, nella Classe dal nome ancora indefinito ma che avrebbe permesso di soppiantare le 500 2 tempi con delle 4 tempi di maggior cilindrata.

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Rosche, Forghieri e Antoniazzi

Il primo frutto della collaborazione tra la divisione M di BMW guidata da Rosche e la Oral di Forghieri e Antoniazzi fu il BMW E41/4, con cui la casa bavarese tornò in F1 nel 2000 motorizzando la Williams FW22. Questo motore era un V10, con un angolo di 72° tra le due bancate, da 2998 cc, alesaggio e corsa misuravano rispettivamente 94 e 43,2 mm, capace di sprigionare nella seconda metà di stagione oltre 800 cavalli e di raggiungere i 17’500 giri/min in gara, 300 in più in configurazione da qualifica.

Per l’annata seguente il progetto visse una profonda evoluzione e la Williams poté godere del motore P80/1, più compatto, leggero e potente. I cavalli superavano il valore di 850 ad inizio stagione arrivando a 880 cv al culmine dello sviluppo, il peso calò di 12 kg, attestandosi a 105 kg. L’angolo tra le bancate venne aumentato fino a raggiungere i 90°, il risultato fu l’abbassamento dell centro di gravità del motore di 22 millimetri da una parte e, dall’altra, l’ottimizzare i flussi nei condotti di aspirazione. Nonostante il frazionamento e la cilindrata invariati, vennero rivisti l’alesaggio e la corsa, ora rispettivamente di 95 mm e 42,3 mm, ciò permise di superare i 18’000 rpm. Col P80/1 BMW tornò alla vittoria in Formula 1 nel 2001, al GP di San Marino, ed a fine stagione si contarono in tutto quattro vittorie, altre due per Ralf Schumacher ed una per Juan Pablo Montoya.

Mentre Paul Rosche andava in pensione, al prestante P80/1 seguì il P82 col quale non si ricercarono le prestazioni assolute, il guadagno in termini di potenza fu di una dozzina di cavalli, ma si puntò tutto su leggerezza e compattezza. Il P82 aveva un baricentro ulteriormente ribassato di 20 mm, arrivando quindi a 125mm, pur mantenendo l’angolo tra le due bancate di 90°, ed il peso era sceso fino a 86 kg, 19 kg in meno rispetto all’annata precedente e ben 31 kg in meno rispetto al propulsore E41/4. Il P82 vantava anche differenti misure di alesaggio e corsa, che permisero al nuovo V10 di sfondare la barriera dei 19’000 giri al minuto diventando una solida base per gli sviluppi seguenti, i P83 e P84. Questi due propulsori, installati nelle Williams FW25 ed FW26 del 2003 e 2004, caratterizzati da un alesaggio di 96 mm ed una corsa inferiore a 42 mm come il P82, erano in grado di erogare più 940 cv a 19’000 giri/min con il secondo capace di sfondare i 20’000 giri/min.

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Già per lo sviluppo del P83 non venne coinvolto Forghieri, dirottato su tutt’altro mezzo. Era giunto il momento di mettere in piedi il progetto per la MotoGP.

Oral e Forghieri si dedicarono alla progettazione, alla prototipazione ed allo sviluppo del motore e del telaio, la struttura italiana svolse anche primi test in pista nel 2004, con Luca Cadalora. Il programma prevedeva il passaggio di consegne del materiale e della moto l’anno successivo, per un’ultima stagione di test con una nuova struttura creata da BMW che poi l’avrebbe schierata nel Motomondiale 2006. Come avvenuto con l’Aprilia RS Cube, il travaso di tecnologie dalle F1 dell’epoca fu importante. La possibilità di disegnare un motore tricilindrico, che oltre a garantire affinità coi V10 di Formula 1 per quanto riguarda la cilindrata unitaria, garantiva un peso minimo della moto nettamente inferiore a quello delle quadricilindriche e pentacilindriche. Il punto di partenza -concettuale- fu il motore BMW P82.


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Per raggiungere la cilindrata piena di 990 cc Forghieri lavorò sulla corsa, incrementata a circa 48 mm, e limando l’alesaggio per arrivare ad un rapporto corsa/alesaggio di poco superiore a 0,5. Quest’ultimo aspetto era necessario per ottenere una camera di scoppio più quadrata, così da migliorare la trattabilità del motore adeguandolo ad un uso motociclistico in fase di accelerazione: con una camera di scoppio eccessivamente superquadra si ha uno scoppio meno omogeneo ai carichi parziali, compromettendo la trattabilità del motore in fasi critiche come in uscita di curva con la moto in piega. Per esempio, il 5 cilindri dell’invincibile RC211 V ad una corsa di 48,2 millimetri abbinava un alesaggio di appena 72,3 mm con un rapporto corsa/alesaggio pari a 0,6667. Con i vari controlli di trazione dell’epoca ancora lungi dall’essere performanti come quelli che oggi conosciamo, in quella MotoGP era fondamentale avere un motore sempre trattabile e regolare per non mettere in crisi il pilota e gli pneumatici.

Dai lavori fatti per i motori dedicati alla F1, Forghieri e Rosche ripresero a piene mani i vari trattamenti per le canne dei cilindri e gli studi sui materiali fatti per pistoni e manovellismi, per superare velocità medie del pistone di 27 m/s al regime di potenza massima. Con una corsa di circa 48 mm, questo dato significava superare sicuramente i 16’500 giri, regime limite per le tradizionali valvole a molla: così venne ripreso dalla F1 anche il sistema pneumatico di richiamo della valvole. Il risultato fu un tricilindrico capace di oltre 230 cv, che poteva superare i 17’000 giri/min senza criticità.

Proprio nel 2005, quando BMW avrebbe dovuto costituire una struttura Factory, venne annunciato il cambio di cilindrata per le MotoGP. Si sarebbe passati agli 800cc col limite di 21 litri di carburante in gara. La BMW-Oral GP1 990 finì nell’oblio, la Casa bavarese diede mandato a Forghieri  e ad Oral di realizzare una nuova versione, adatta al nuovo regolamento, con l’obiettivo di debuttare nel 2008 svolgendo i primi test nel 2007.

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La dinamica di una motocicletta è differente da quella di un auto, il motore influisce molto sulla guidabilità di una due ruote. Per il prototipo da 800cc, Forghieri partì nuovamente dal motore mantenendo il frazionamento tricilindrico, con disposizione in linea. La distribuzione bialbero a cascata d’ingranaggi dettava i tempi alle dodici valvole in titanio -quattro per cilindro- per mezzo del sistema pneumatico che consentiva di superare i 19’000 giri/min, mentre l’aria veniva aspirata attraverso trombette ad altezza variabile. Forghieri spese molto tempo per studiare il corretto peso dell’albero motore, inserendo un contralbero per smorzare le vibrazioni generate dal 3-in-linea e decise di non puntare su un albero motore controrotante, per lo meno nelle prime fasi.

Il motore pesava 51 kg ed erogava oltre 210 cv a 18.000 giri/min. Le misure di alesaggio e corsa misuravano 90×41,8 mm, per 797,76 cc effettivi, ed il rapporto di compressione superava i 14,5 : 1. Attraverso l’elettronica Marelli erano implementati controllo di trazione, launch control, freno motore e sistema anti-impennata, oltre a poter gestire l’intensità de freno motore. La ciclistica si manteneva coerente coi concetti giapponesi così come sarà 4 anni più tardi per la S1000 RR, con un telaio a doppia trave in lega di alluminio ed una forcella telescopica a steli rovesciati. Nel complesso la moto completa pesava 135 kg a secco, oltre 5 kg sotto il limite regolamentare: dal 2007 e fino al 2009 era previsto un peso minimo di 140,5 kg a secco per le tricilindriche, contro i 148 kg per le quadricilindriche.

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Purtroppo questa moto non verrà mai vista in gara, improvvisamente la BMW decise di abortire il progetto MotoGP per puntare alla SBK dove debutterà nel 2009 con la S1000 RR, realizzata completamente internamente. Il progetto non cadde subito nell’oblio ma venne acquisito da Andrea Ferrari e Sergio Bertocchi, fondatori della scuderia FB Corse, che puntavano a debuttare in MotoGP nel 2010. Grazie soprattutto alla munifica sponsorizzazione di Virgin Radio. Lo sviluppo necessario ad aggiornare la moto, ora divenuta ufficialmente FB Corse FB01, venne comunque delegato alla Oral e come pilota per le gare venne scelto il veterano Garry McCoy, a cui venne affiancato nuovamente Luca Cadalora come collaudatore.

Il progetto si dimostrò troppo impegnativo per una struttura dalle limitate risorse, soprattutto dal punto di vista economico, e venne abortito.

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Filippo Gardin

The author Filippo Gardin

Padovano classe 1993, ho iniziato a 2 anni a guidare, in quel caso una mini-replica della moto di Mick Doohan e da lì non mi sono più fermato. 2 e 4 ruote, entro e fuori strada e anche pista: cambiano le forme ma sono tutti frutti della stessa passione. Vi racconterò il Motomondiale, con la testa e con il cuore.