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Alpinestars: il racing service, atelier viaggiante





Casey Stoner è sempre stato differente sotto molti aspetti. Per esempio, richiedeva che la sua tuta Alpinestars fosse in pelle bovina anziché di canguro come tutti i rivali. Non c’entrava nulla la salvaguardia dei suoi conterranea salterini. No, anche se è divertente pensarlo. La voleva in pelle bovina perché questa veste molto più tight: con una tuta bella aderente e strutturata al punto da sembrare una seconda pelle, Casey si sentiva maggiormente a proprio agio. Questo ed altro ci ha raccontato Gordon Casteller, Media & Communications Executive di Alpinestars, la domenica mattina del GP di Misano, aprendoci le porte del racing service Alpinestars. Una struttura da viaggio che è ben più di un semplice motorhome, anzi l’impressione che ci ha lasciato è quello di un vero e proprio atelier viaggiante.

L’occasione di questa visita è nata qualche mese prima, in occasione del Round di Misano del WorldSBK, dopo una fortuita chiacchierata in inglese tra Gordon e Maria Grazia, conclusasi con una grassa risata quando entrambi hanno reciprocamente realizzato di essere italiani.

La visita è iniziata con una colazione veloce nell’hospitality Alpinestars e, visto che il paddock è un luogo magico in cui si inciampa anche in leggende di questo sport, ci siamo ritrovati a prendere il caffè con un ospite a sorpresa: il mitico Randy Mamola. Piccola nota, io stravedo tanto per la sua  guida matta in sella alle 500 GP, quanto per la sua abilità da tester giornalistico.  Potete capire che, quando ci siamo spostati verso il racing service Alpinestars, io ero ancora inebetito per l’incontro casuale con quello che per me è un mito. 


Ma cos’è il racing service? È semplicemente il luogo in cui ci si prende cura dei piloti e del loro equipaggiamento. Questa struttura mobile parte da Maser (TV), dove c’è il reparto corse Alpinestars, e si sviluppa su due piani. Una volta parcheggiata nel paddock, si occupa di tutto ciò che serve ai piloti per i week end di gara. Vi si svolgono attività di manutenzione e riparazione, ma pure modifiche dell’ultimo minuto su tute, stivali e guanti per andare incontro alle esigenze dei piloti, e si gestisce il service dedicato agli airbag Tech-Air® . Coloro che vestono Alpinestars sono tantissimi, quasi metà del paddock, e per questo motivo la mole di materiale portato è davvero importante e nel service sono pronti a tutto con una soluzione per ogni evenienza. Per esempio, quando i piloti hanno un infortunio o vengono da una recente operazione e sono dichiarati fit, allora può essere necessario adattare la vestibilità di tuta e/o accessori. Il caso dei casi fu quello di Cal Crutchlow, che qualche anno fa si presentò a Misano con un dito fuori uso, feritosi tagliando il Grana a casa. “Cal è arrivato a Misano con un bendaggio sul dito, era enorme!” ci ha detto ridendo Gordon. “È venuto il giovedì da noi col suo bel ditone rivestito da questa cover di gomma che serviva a proteggerlo, e noi abbiamo fatto la modifica su tre paia di guanti per far sì che riuscisse a infilarli con questa cosa che aveva.” Un piccolo esempio di colore per far capire la cura artigianale con cui si lavora e che, comunque, richiede tempi ridottissimi. 

Alpinestars arriva a portare quattro tute per pilota, una in più delle tre minime richieste da Dorna, includendone almeno una non traforata in caso di imprevisti come pioggia o vento freddo. Oltre a questo, ci sono numerosi ricambi, da pezzi di pelle pronti per la cucitura ad assiemi già assemblati come maniche intere. Anche le gobbe sono in inventario, poiché variano a seconda dell’esigenza del pilota. Il tutto è affidato alle abili mani delle sarte, splendide da vedere all’opera, che occupano il piano inferiore del service.

Apprezzabile da parte di Alpinestars è la gestione dei piloti: che siano giovanissimi ragazzi della Moto3 o veterani della MotoGP, vengono seguiti tutti allo stesso modo, con la stessa cura e attenzione. Ma, curiosamente, i ragazzini della Classe di cilindrata minore richiedono maggiori attenzioni! Non perché cadano o siano particolarmente esigenti, ma perché banalmente crescono velocemente. Le tute fatte in inverno diventano corte e strette a metà campionato, quindi il lavoro con i giovanissimi richiede qualche accortezza maggiore affinché la sicurezza rimanga sempre ai massimi livelli.

Proprio questa attenzione speciale pure per i novizi ha permesso ad Alpinestars di mettersi su un piano differente rispetto ai competitors, al punto da essere riuscita a crearsi una sorta di vivaio che ora sta dando i frutti. Guardate i podi degli ultimi anni in MotoGP: la maggior parte di chi ci sale lo fa indossando una tuta Alpinestars. La factory di Asolo è riuscita negli anni a essere la preferita da rookie e giovanissimi proprio per la cura con cui dà loro il prodotto, instaurando un rapporto di fiducia quasi imperturbabile. Infatti, di piloti che cambiano marche di casco o tuta ce ne sono spesso, ma è più frequente vederli passare alla casa della stella alpina che non il contrario.


Gordon ci ha anche parlato del legame affettivo che hanno certi piloti con le tute, al punto da non volerle cambiare neppure dopo le peggiori cadute. Da qui la necessità di avere sempre a disposizione dei ricambi, nonostante quattro tute siano abbastanza: per accontentare il pilota, aiutandolo a rimanere nella propria comfort zone. “La nostra filosofia è quella di mettere il pilota in condizione di avere sempre quello che lo fa stare comodo anche a livello mentale” ci ha spiegato Gordon, con un pizzico di orgoglio. “La nostra soddisfazione è quando, finita la sessione o la gara, il nostro collega va a dare un’occhiata per vedere se è tutto a posto e il pilota non dice niente. Vuol dire che abbiamo lavorato bene.” Chiaramente, non è sempre possibile riparare una tuta nei week end di gara, se il danno è troppo importante, questa deve essere analizzata con calma e precisione nel reparto corse, per capire come procedere, se aggiustarla o buttarla. Va bene la scaramanzia o il legame affettivo, ma la sicurezza è e deve essere sempre al primo posto. 

Come è facilmente intuibile, ogni pilota è differente e alcuni sono più facili da seguire di altri. C’è chi una volta prese le misure e realizzata la tuta non si fa più vedere, salvo incidenti, e chi invece bussa alla porta del service ad ogni week end di gara per dei Fit Adjustment, che alcune volte possono essere funzionali e altre meno. Quasi come un rito. In questi casi il personale di Alpinestars resta sempre fedele al concetto di ‘comfort psicologico’ da offrire al pilota, procedendo con queste modifiche a patto che non compromettano la perfomance e/o la sicurezza. Ma proprio da queste relazioni, a volte complesse, Alpinestars trae spunto per il prodotto di serie, visto che sono tante le similitudini tra le tute di normale produzione e quelle dei piloti del Motomondiale. Come dei rinforzi sulle cuciture nella zona del braccio richiesti oltre dieci anni fa da Pedrosa; Dani, muovendosi molto, le indeboliva e rischiavano di strapparsi in caso di caduta con conseguenze gravi: da diversi anni sono una caratteristica standard di giacche e tute in libera vendita.

Anche l’utilizzo della fibra aramidica, inserita sotto la pelle, è un importante travaso di tecnologia dal Motomondiale alla strada. A “costringere” Alpinestars all’impiego di questo materiale è stato niente popò di meno che Marc Marquez. “Con Marc abbiamo dovuto rivedere un po’ il concetto di costruire la tuta” ci dice sorridendo Gordon. “Tutto nasce dal fatto che lui applica questo stile di guida estremo. C’erano già degli slider sul gomito, ma con lui li abbiamo dovuti migliorare costantemente”. Man mano che Alpinestars gli dava un prodotto più evoluto, Marc alzava sempre di più l’asticella, al punto da sentirsi così sicuro da mettersi a fare i salvataggi che tutti conosciamo. “Super fighi eh, l’unico problema è che dopo, quando lui toglieva la tuta, sotto era scottato perché si scaldava. Non era un’abrasione, ma era una scottatura da trasferimento di calore dovuta al fatto che comunque la pelle non dissipa il calore. Allora abbiamo inserito la fibra aramidica sotto la pelle, perché questa, invece, dissipa impedendo al pilota di scottarsi”. Da lì in poi, l’impiego di questa fibra si è espanso a tutte le zone a maggior rischio di abrasione in caso di caduta. “Già che c’eravamo l’abbiamo messa anche su tute, giacche e pantaloni di normale produzione, sin dalla gamma media. Sì, ci piace correre e vincere la competizione, ma è tutto finalizzato a un poter migliorare il nostro prodotto”.

Nel corso degli anni, Alpinestars ha sfruttato molto i feedback dei propri piloti per migliorare i prodotti che offre a chiunque. Alcuni si sono distinti più di altri, dimostrando quasi piacere nel dare riscontri ad Alpinestars mettendo sul piatto la propria sensibilità. Questo ha dato vita a dei rapporti di collaborazione che andavano e vanno oltre la mera fornitura del prodotto. In particolare, Gordon ha sottolineato l’importanza delle collaborazioni con Dovizioso – che proprio il giorno dopo la nostra visita ha svezzato il primo casco Alpinestars – e Marquez. “Con Dovi abbiamo sviluppato tantissime cose, è uno che ci aiuta a migliorare il prodotto. Perché lui è molto tecnico e molto pignolo, in senso positivo, quindi è molto razionale ad analizza bene qualsiasi cosa dando feedback notevoli! Poi c’è Marc, per soddisfare le sue necessità siamo riusciti a migliorare il prodotto. Il suo stile era quello di arrivare al limite in prova anche cadendo, tanti ci chiedono quante tutte consuma Marc… diverse, ma quanto ha vinto?

Per quanto riguarda i materiali, al momento la quasi totalità delle tute da corsa è in pelle di canguro. La caratteristica di questo pellame è che, rispetto a quello bovino, permette di usare spessori minori e avere, a parità di protezione, un abbigliamento più leggero, oltre che più morbido e confortevole. Queste tute vanno dai 5,5 ai 7 kg, airbag incluso, a seconda della fisionomia del pilota. Di contro, la tuta in canguro dopo un po’ si lascia andare, si sforma, risultando poco adatta a chi se la vuol tenere per più tempo possibile, oltre che più costosa e meno accessibile di quella bovina. 

Abbiamo chiesto a Gordon se nel futuro di Alpinestars ci saranno anche versioni vegane e la risposta è stata molto interessante: in futuro anche nel Motomondiale potrebbero esserci delle tute realizzate in materiale di origine non animale. Già da qualche anno, infatti, in Alpinestars lavorano su materiali alternativi, in particolare stanno testando una speciale microfibra che simula la pelle. Ma per Alpinestars questo deve essere un upgrade soprattutto dal punto di vista della sicurezza di piloti e motociclisti tutti: “Finché non saremo sicuri al 100% di avere qualcosa da proporre che rispetti totalmente i nostri standard, questa – dice Gordon indicando le tute di pelle appese – è la soluzione migliore che c’è.


Un particolare che colpisce del service Alpinestars è la sintonia con cui convivono il tradizionale processo di fabbricazione sartoriale e soluzioni tecnologiche all’avanguardia. Non tutti sanno, ad esempio, che le tute passano attraverso prove in galleria dal vento e che l’airbag è un gioiello di ingegneria elettronica. Al secondo piano del service c’è proprio l’area più tecnologica dedicata a tale dispositivo. Interessante da far notare è il numero di piloti che utilizzano il sistema di Alpinestars: oltre metà del paddock utilizza il loro airbag, non solo i piloti “full supported”, ma anche coloro che lo impiegano su tute di altri brand.

Il sistema Tech-Air® attuale è molto leggero e altrettanto tecnologico: capisce da solo quando stare in standby o quando essere vigile, quando attivarsi o meno in caso di caduta. Ciò grazie ad accelerometri e giroscopi che analizzano il movimento e inviano ogni millisecondo i dati alla centralina di sistema evitando che si attivi in alcune occasioni in cui uno scoppio di airbag può essere uno spreco, come alcuni casi di low-side. Spesso ci si chiede quanto tempo serva all’airbag per attivarsi: è impressionantemente veloce, ovviamente! Nel caso in cui la centralina rilevi una caduta in cui serve lo scoppio, passano meno di 100 millisecondi dalla rilevazione alla totale apertura dell’airbag. Più veloce di un battito di ciglia. Inoltre, il sistema può gestire fino a due cadute prima di richiedere manutenzione e, in caso di doppia caduta, basta mezz’ora al tecnico Alpinestars per un garantire al pilota un airbag pronto e armabile. Avete mai notato la lucina che lampeggia sul braccio di un pilota? Ecco, quella indica che l’airbag è funzionante e armato, ma potete sbattergli contro tranquillamente (sì, abbiamo involontariamente provato anche questo…) perché per entrare in funzione i sensori devono rilevare una velocità di almeno 60 km/h.

Curiosamente, al contrario di quanto pensassi io, i dati raccolti dell’airbag nel corso dei run in pista non vengono sfruttati da Case e piloti. Si potrebbe pensare che potrebbero sfruttarli per trovare centesimi al giro, andando a lavorare anche su movimenti e posizione del pilota, e invece la centralina mantiene in memoria solamente i dati raccolti durante le cadute, per accrescere la banca dati di Alpinestars al fine di sviluppare il prodotto. (Chissà, magari gli ho dato uno spunto per un’ulteriore innovazione…)

Tra tute smembrate in riparazione e airbag in carica, abbiamo perso la cognizione del tempo, affascinati da quanta precisione e quanto amore questo piccolo angolo riesce a racchiudere. Poi i motori delle Moto3 hanno iniziato a rombare per il Warm Up, segno che la nostra visita stava volgendo a termine. Giusto il tempo per un paio di aneddoti off-record, che non possiamo riportare ma che continuano a farci sorridere. È stata senza dubbio un’esperienza molto interessante e piacevole, in cui a colpirci è stata l’elevata cura, praticamente artigianale e old style, con cui vengono seguiti i piloti. Sembra un controsenso, ma sono caratteristiche che non abbiamo visto solo nelle abilissime sarte, ma pure nel personale specializzato che si occupa di un oggetto così sofisticato e tecnologicamente avanzato come il Tech-Air®. Un’artigianalità che si esalta e trova il suo picco in un ambiente così veloce, razionale e studiato nei minimi particolari come il paddock del Motomondiale, ma che è poi disponibile per tutti, dal neopatentato all’otto volte Campione del Mondo.





Filippo Gardin

The author Filippo Gardin

Padovano classe 1993, ho iniziato a 2 anni a guidare, in quel caso una mini-replica della moto di Mick Doohan e da lì non mi sono più fermato. 2 e 4 ruote, entro e fuori strada e anche pista: cambiano le forme ma sono tutti frutti della stessa passione. Vi racconterò il Motomondiale, con la testa e con il cuore.